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Ottobre 2026, Mission: impossible. No, non è l’ennesimo film sulle gesta dell’agente segreto dell’Imf, Etan Hunt ma una durissima realtà. Che con tutta probabilità andrà a scontrarsi contro quella data, scadenza ultima per la consegna dell’ospedale della Sibaritide alla Regione Calabria. A meno di pesanti penali. Il nostro viaggio nella sanità del nordest della Calabria continua. E dopo aver analizzato lo spoke di Corigliano Rossano, (gli ospedali Giannettasio e Compagna) ed il servizio erogato sul territorio, non potevamo non entrare, solo virtualmente, nella pancia del cantiere dell’ospedale della Sibaritide, quindi, nella sanità del futuro.
Non prima, però, di ricordare il contesto territoriale in cui l’ospedale nuovo viene incastonato. Che poi è quello dei livelli essenziali di assistenza più bassi d’Europa, quello col minor numero di posti letto rispetto alla popolazione, quello che la “golden hour” (nella medicina d’urgenza, l’ora d’oro riferita al tempo di intervento dopo una lesione traumatica, durante il quale vi è la più alta probabilità che un pronto trattamento possa evitare la morte) resta un concetto astratto, quello in cui la gente muore sulle ambulanze senza medico a bordo o in attesa di un elicottero, o dei sanitari aggrediti.
La genesi dell’ospedale della Sibaritide
Il polo sanitario d’eccellenza, da 374 posti letto – oggi nello spoke quelli attivi sono appena 150 – in vent’anni è gravato da un’infinità di problemi, facilmente intuibili, giacché i suoi “gemelli” di Vibo Valentia e della Piana di Gioia Tauro sono ancora solo un quadro futurista. Per due lustri l’ospedale della Sibaritide rimane impantanato nelle sabbie mobili della burocrazia, tra commissariamento alla sanità, valzer di commissari, bando di gara a singhiozzo, un primo affidamento ad una società poi raggiunta da interdittiva antimafia, finanche gli espropri ed i ricorsi presentati per preservare alcuni ulivi secolari della zona.