Nella Valle dell’Esaro, quindici Comuni e circa 50mila abitanti, nel 2022 si muore ancora di malasanità. Si muore per il ritardo dei soccorsi, si muore per le mancate diagnosi, si muore perché manca un ospedale, pronto soccorso capace di fronteggiare un codice rosso e il più vicino è a 50 chilometri da percorrere su strade non proprio confortevoli. Per questo, tre anni fa, un gruppo di residenti si costituisce in comitato e lotta con le unghie e con i denti per difendere il diritto alla salute. Ma la politica è sorda e ogni sforzo risulta vano. A settembre, poche settimane prima delle consultazioni alle urne, trecento potenziali elettori si dimettono da cittadini. Scrivono proprio così nella lettera inviata a settembre al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui inviano anche un plico contenente circa trecento tessere elettorali.

La sanità privata sullo sfondo

Qui disservizi e il carovita costringono i cittadini di San Marco Argentano e dintorni a rinunciare a curarsi, ogni giorno di più, a meno che si abbia denaro a sufficienza per permettersi le visite private a pagamento. «Un mio amico aveva bisogno di una tac urgente – dice Patrizia Falbo, componente del comitato cittadino – e per farla subito l’ha prenotata in una struttura privata. Costa 250 euro. E chi ce li ha questi soldi per una tac? Mi ha detto che non ce li ha, non può farla».

Disservizi e disagi

La struttura sanitaria “L. Pasteur” di San Marco Argentano è uno dei 18 ospedali calabresi chiusi e riconvertiti in casa della salute dal decreto 18 del 22 ottobre 2010, nell’ambito del piano di rientro sanitario regionale. La trasformazione, però, è avvenuta solo sulle carte. L’ospedale ha effettivamente perso la rete di emergenza e urgenza, ma i macchinari di ultima generazione previsti dal piano non sono mai arrivati e i lavori da 9 milioni di euro, appaltati nel 2019, non sono ancora stati realizzati. Per di più, le ambulanze sono poche e spesso senza medico a bordo, le liste di attesa per gli esami diagnostici sono interminabili e la carenza dei medici genera caos in tutti i reparti. Pure il servizio di guardia medica, qui, funziona poco e male. C’è un solo camice bianco per cinque diversi paesi del comprensorio. Oggi il presidio Pasteur rientra in un progetto che a breve dovrebbe trasformarlo in un ospedale di comunità, ma nemmeno questa sembra essere la soluzione. «Non vogliamo il Niguarda o il San Camillo – dice ai nostri microfoni Antonio Diodato -, ma chiediamo un ospedale in grado di dare risposte immediate in caso di necessità».

La restituzione delle tessere elettorali

Qualche settimana prima delle elezioni politiche del 25 settembre, circa trecento cittadini hanno restituito la propria tessera elettorale in segno di protesta. Ma appena cinque giorni dopo, il prefetto di Cosenza, Vittoria Ciaramella, ha inviato una lettera di risposta dichiarando che le schede sarebbero state restituite ai rispettivi Comuni e distribuite nuovamente ai legittimi proprietari. «Con l’occasione – si legge nel documento a firma del prefetto – si prega di evidenziare agli stessi l’importante valore civico che assume l’esercizio di voto». Oltre al danno, la beffa. «Il nostro gesto non è stato mancanza di senso civico – ha affermato, in ultimo Anna Rita De Rose – volevamo solo dare un segno tangibile di protesta». E chiedere di essere trattati da cittadini, non soltanto in tempo di elezioni.