Erika Scarfone, così si chiama la protagonista di questa storia, è una giovane studentessa di Scalea che ha già imparato a fare conti con il destino. Nel 2019, quando aveva solo 21 anni, ha scoperto di essere affetta dalla sindrome di Brugada, una patologia rara che provoca alterazioni del battito cardiaco e, nei casi peggiori, la morte. Dopo approfonditi controlli, i medici le hanno impiantato un defibrillatore elettronico che rileva ogni più piccola anomalia del cuore e addirittura la salverebbe in caso di arresto cardiaco, rianimandola. Ma da qualche giorno, la serenità conquistata a fatica da Erika dopo l’impietosa diagnosi, rischia di andare in frantumi: a pochi metri da casa sua sarà installata una potentissima antenna radio di telefonia mobile. Nei casi come il suo, l’esposizione alle onde elettromagnetiche sono sconsigliatissime, glielo hanno detto i medici dopo l’operazione e lo si legge nel manuale di istruzioni del dispositivo salvavita, alle voce “avvertenze”. Ma sembra non interessare a nessuno. Nonostante lei e suoi famigliari si siano rivolti alle istituzioni locali per chiedere lumi e informarli della situazione, ad oggi i lavori proseguono ed è già visibile la piattaforma su cui verrà installata l’antenna.

Nessun sondaggio tra la popolazione

Secondo quanto afferma la giovane studentessa, prima di decidere di installare la piattaforma telefonica in quel preciso punto, nessuno si sarebbe accertato della presenza in zona di portatori di dispositivi elettronici. E invece nei paraggi, oltre a lei, vivono anche due persone con il pacemaker impiantato in petto. «Non ho nulla contro l’antenna telefonica, anzi – specifica Erika – quello che mi preoccupa è la vicinanza, il fatto di dover vivere quotidianamente esposta a radiazioni elettromagnetiche. Il mio dispositivo potrebbe scaricarsi più rapidamente o, nel caso peggiore, smettere di funzionare». Circostanza che porterebbe a conseguenze gravissime.

«Se io, malauguratamente, avessi un arresto cardiaco proprio in quel momento, per me non ci sarebbe scampo». Lei e la sua famiglia, che hanno portato la loro battaglia anche sui social, chiedono soltanto di avere notizie e dati più approfonditi e capire meglio quali siano i rischi concreti per la giovane. «Non voglio morire», dice Erika con gli occhi lucidi, mentre confida alle nostre telecamere l’angoscia di questi giorni.

Istituzioni assenti

Dopo aver appreso quasi per caso dell’antenna che sorgerà nei pressi di casa sua, Erika ha anche cercato di far presente la situazione alle istituzioni locali, le quali avevano assicurato di prendere in carico la questione e di prendere i dovuti provvedimenti nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno. Ma non è stato fatto nulla. «Se ne lavano le mani e, soprattutto, si scaricano le colpe tra di loro per stabilire chi doveva dare i consensi. Fatto sta che ad oggi è rimasto tutto immutato».