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Non sono passate inosservate le parole che oggi pomeriggio Francesco Alimena, capogruppo del Partito Democratico al Comune di Cosenza, ha rivolte al dirigente democratico Sergio De Simone. Tossine lasciate in eredità dall’ultimo congresso di circolo svolto domenica all’ombra della Sila. Strascichi che hanno generato ricorsi alla Commissione nazionale di garanzia, audizioni dei diretti interessati e del presidente della commissione brucia per il congresso Giuseppe Mazzuca.
Il tutto mentre dagli ambienti della Federazione provinciale del Pd di Cosenza si ribadisce la più totale linearità delle operazioni di voto. Il tutto ha origine, ovviamente, dal niet di Roma nei confronti di Mario Oliverio comunicato domenica mattina, prima che si aprissero le urne a San Giovanni in Fiore dove l’ex Governatore avrebbe espresso la sua preferenza per Gianni Cuperlo.
I cuperliani: «Domina una concezione padronale nel PD di Cosenza»
«Le questioni sollevate dalla mozione Cuperlo in Calabria, della quale Sergio De Simone è uno dei più autorevoli esponenti, afferiscono ad aspetti cruciali del congresso, a tratti dirimenti, in quanto dal loro esito potrebbe investire i caratteri di fondo della sua stessa legittimità». E’ l’incipit di un documento redatto dai responsabili della mozione Cuperlo. «Sono pesanti le responsabilità degli attuali gruppi dirigenti, che continuano a ritirarsi dal confronto politico, limitandosi ad attivare prassi, che in talune circostanze, sfiorano l’indecenza. Domina una concezione padronale del partito, in stridente conflitto con gli obiettivi costituenti di questo congresso. Una condizione – scrivono – che evidenzia la loro assoluta inadeguatezza e la sempre più incalzante necessità di una loro rimozione, nell’interesse del PD e dei Calabresi. Serve un pluralismo autentico, di un forte e costante confronto dialettico, a tutti i livelli, per porre al centro gli interessi generali».
Secondo i cuperliani «va ripristinata l’agibilità democratica del partito. Obiettivi che un nuovo gruppo dirigente deve farsene carico, per garantire a tutti, con pari dignità, la disponibilità dei luoghi del confronto e dell’agire politico. Facendosi carico, ad ogni livello, della messa in sicurezza dalle manie di sopraffazione dei potenti di turno, attraverso il controllo e la vigilanza degli organi di garanzia. Invece, ogni giorno trascorso, delle passate settimane, è servito solo a far crescere le distanze rispetto alle suddette condizioni e a rendere sempre più forte la consapevolezza delle emergenze causate dai caratteri specifici della crisi del partito Calabrese. Ci si è dovuti scontrare con una classe dirigente, che ha fatto di tutto, per estraneare, rimuovere, questi temi dal dibattito, riducendo il tutto ad una insensata prova muscolare al solo scopo di autoconservare un modesto gruppo, piazzato nella cabina di comando grazie ad una lunga estenuante gestione commissariale che si è premurata esclusivamente di attuare i desiderata dei capi-corrente romani».
Pd Cosenza, i cuperliani ad Alimena: «Ma tu la storia di De Simone la conosci?»
«È però evidente – si legge ancora nel documento redatto – che è l’attuale confronto politico a rendere ineludibile, a causa della disastrosa contingenza, che mette ormai a rischio l’esistenza stessa del PD, a sollevare, ad ogni livello e latitudine, il tema delle classi dirigenti. Chi non comprende questa elementare verità, per incapacità o per febbri da smanie di potere è evidente che è fuori dalla logica delle cose. Mentre, può diventare protagonista solo chi ha a cuore le sorti del partito, al netto di altri fini. Non è più possibile pensare di adoperare gli abbrutimenti, continuare a piegare a pratiche di asservimento, i militanti, a partire da coloro che sono coinvolti nei perversi meccanismi delle strutture di cui dispongono parlamentari e consiglieri regionali».
Poi arriva l’attacco diretto al capogruppo del Pd al Comune di Cosenza. «Non è più tempo, è fatica inutile, il contesto è ormai sconvolto dalla crisi.Infine, ci sia consentito: ma tu, Alimena, lo conosci Sergio De Simone? La sua storia e quella della sua famiglia? La sua educazione e il suo riconosciuto rispetto per gli altri? Il suo raro attaccamento al suo partito e alle sue radici? Da quello che è scritto dalla nota apparsa a firma tua, no! Hai fatto male a non informarti. Ha fatto peggio solo chi non te lo ha detto! Eppure il tuo dire è teso all’incredibile esercizio di alienazione di valori. Una pratica che non può che ritorcersi a partire da chi copre funzioni istituzionali volte al rispetto e alla divulgazione dei valori. Si consegnino, invece, queste porcate, a coloro che sono cresciuti e continuano ad alimentarsi attraverso l’asservimento. Ahinoi!».