«I Riformisti parlano del ritorno a casa del figliol prodigo. Ed è difficile non apprezzare la finezza biblica della metafora: il figlio che si allontana, critica, condanna… e poi, al momento opportuno, rientra. Ma viene spontaneo chiedersi: quale “casa”?» così in una nota Laboratorio civico.


«Quella stessa casa che, da assessore al bilancio, Pierpaolo Iantorno descriveva come al limite del collasso, colpevole a suo dire di drenare ogni risorsa pubblica e di trascinare la “casa comunale” verso il dissesto? Quella casa che oggi, con disinvoltura, diventa improvvisamente rifugio, appartenenza, luogo dell’anima?
Forse più che un ritorno del figliol prodigo, qui siamo di fronte a un’abile operazione di restyling politico: un trasloco travestito da ricongiungimento affettivo. Perché in fondo, in certe case, si entra e si esce non per convinzione ma per convenienza.

E in questo scenario, la “casa” evocata dai Riformisti non somiglia a una dimora stabile, ma a una tenda da campeggio: leggera, pieghevole, sempre pronta al prossimo spostamento. Dove le stanze si riempiono e si svuotano a seconda delle stagioni elettorali.
Ma i cittadini quelli veri, non i figuranti del presepe politico conservano memoria. E si chiedono: se questa è la casa, chi l’ha costruita davvero? E chi, domani, sarà il prossimo a uscire sbattendo la porta?
In conclusione, il ritorno di Iantorno non è un abbraccio commosso al passato, ma l’ennesimo rientro calcolato. E si sa: in politica, come nelle Sacre Scritture, non tutti i figliol prodighi trovano una casa disposta ad accoglierli… senza prima presentare il conto».