di Piero Minutolo*

La città che nascerà dalla fusione di Cosenza Rende e Castrolibero dovrà chiamarsi, secondo noi, Cosenza Nuova. Avrà una popolazione superiore a 100mila abitanti e otterrà pertanto più trasferimenti dallo Stato nonché un contributo statale straordinario fino a 10milioni di euro all’anno per quindici anni consecutivi. Potrà avvalersi anche di un turnover al 100% che consentirà il potenziamento quali-quantitativo della dotazione organica del personale che nei tre Enti è ridotta ormai al lumicino.

Il nuovo Comune disporrà di una maggiore capacità finanziaria anche per effetto delle notevoli economie di scala derivanti dalla gestione di alcuni servizi (igiene urbana, forniture, mense scolastiche, scuolabus ecc.) e dal risparmio di almeno due milioni di euro in cinque anni sui costi della politica, per come si evince dallo studio di fattibilità del prof. Luigino Sergio.

La normativa vigente attribuisce inoltre ai Comuni nati da fusione persino la facoltà di mantenere per i primi cinque anni tariffe e tributi differenziati in ciascuno dei territori degli Enti preesistenti. La nuova realtà istituzionale avrà buone ragioni e sufficiente forza politica per ottenere dal governo un ulteriore alleggerimento del debito del comune di Cosenza, così come avvenuto nei confronti del comune di Reggio Calabria all’indomani della nascita della città metropolitana.

Non è condivisibile pertanto la tesi di chi tenta di opporsi al processo riformatore in itinere sostenendo che i rendesi e i castroliberesi (quasi tutti cosentini) pagherebbero più tasse per via della situazione debitoria del comune di Cosenza, come se Rende e Castrolibero navigassero nell’oro e applicassero ai loro cittadini livelli di tassazione tra i più bassi d’Italia.

Si parla incredibilmente di “fusione a freddo” con riferimento ad una conurbazione avvenuta da più di trent’anni e si propone in alternativa l’Unione dei Comuni, addirittura in via sperimentale per tre anni. Dal passato non emergono tuttavia esperienze virtuose in tal senso. Anzi.

Delle sette Unioni di Comuni realizzate una quindicina di anni fa in provincia di Cosenza, del Consorzio intercomunale dei rifiuti, del Consorzio dei trasporti e persino delle Comunità Montane non vi è più neanche la cenere. Resta soltanto il ricordo di un notevole spreco di risorse umane e finanziarie. Anche i protocolli d’intesa tra alcuni Comuni dell’area urbana hanno prodotto solo tante buone intenzioni ma pochissimi fatti concreti.

Basti pensare che a quindici anni dall’inaugurazione del viale parco di Rende non si é riusciti a realizzare nemmeno la strada che avrebbe dovuto congiungerlo a quello di Cosenza per alleggerire il traffico a Roges e rendere più rapido il collegamento tra i due comuni.

Il modello di sviluppo attuato negli anni a nord di Cosenza ha privilegiato la costruzione di edifici per civile abitazione a discapito dell’industria e dell’agricoltura e ha realizzato zone industriali prive di un centro di ricerca sebbene in presenza di un’eccellenza universitaria e, pertanto, povere di aziende produttive ad elevato indice occupazionale. Non occorre un terzo occhio per vedere che quasi tutti gli spazi delle aree industriali sono occupati da esercizi commerciali e da poche società di servizi.

Tutto ciò ha determinato, insieme ad altri fattori, la crescita della disoccupazione, la fuga di molti giovani, lo spopolamento dei centri storici, migliaia di appartamenti vuoti e nessuna risposta alla domanda di casa avanzata dai cittadini economicamente deboli e dalle giovani coppie.

Queste e tante altre criticità ci dicono che bisogna superare il paradosso costituito da una città amministrata da tre Comuni per tentare di voltare pagina e dare più forza, dinamismo, innovazione e capacità di risposta alle vere problematiche dell’area urbana.

Con un solo PSC sarà possibile frenare la costruzione di nuovi palazzi ad uso residenziale e concentrare le risorse verso interventi di rigenerazione dei centri storici e delle periferie. Il nuovo Ente locale non avrà alcun ostacolo di ordine legislativo alla realizzazione di un’unica azienda di trasporto pubblico che – disponendo di maggiori trasferimenti regionali, di un congruo numero di mezzi e dipendenti – potrà fornire un servizio più economico, efficiente e puntuale sia nei e tra i territori dei tre comuni che tra essi e l’Università. La richiesta di consultazione referendaria vincolante avanzata dai comitati del no, secondo noi, va controvento rispetto a quanto avvenuto in tutta Italia in materia di fusioni tra comuni.

Il referendum consultivo, infatti, è stato indetto, ai sensi dell’articolo 133 della Costituzione, anche a Corigliano Rossano e Casali del Manco dove, pur in assenza della conurbazione avvenuta a Cosenza, Rende e Castrolibero, si è potuto realizzare il Comune unico. Se a gran parte dei rappresentanti istituzionali, malgrado la mutata realtà territoriale, culturale, sociale e le reiterate sollecitazioni dal basso, è mancato il coraggio di dare forza e gambe ad una efficace azione riformista, il referendum cambierà l’ordine dei fattori: sarà la piazza a decidere e il palazzo ad eseguire.

Anche noi che siamo stati i primi a proporre la città unica, riteniamo che le peculiarità di ciascuna delle tre comunità abbiano ascolto e rappresentanza nel nuovo Ente. Per questa e altre ragioni, proponiamo ormai da diversi anni che nello statuto del nuovo Comune dovranno essere previste adeguate forme di partecipazione e decentramento mediante l’istituzione dei Municipi che, a nostro avviso, dovranno essere tre: Cosenza, Rende e Castrolibero, dotati di organismi eletti a suffragio universale costituiti da un minimo di 5 a un massimo di 11 consiglieri in rapporto alla popolazione, da un presidente e nessun assessore.

Ad essi si dovrebbe riconoscere la facoltà di esprimere pareri obbligatori ma non vincolanti su bilancio, regolamenti, strumenti urbanistici, grandi opere e delegare adeguate risorse umane, strumentali e finanziarie per gestire la manutenzione di strade, marciapiedi, rete idrica, fognaria, impianti sportivi, servizi sociali, scuole dell’obbligo e beni culturali ricadenti nel territorio di ciascuno, promuovere eventi riconducibili alle tradizioni culturali e religiose delle comunità originarie ed organizzare manifestazioni sportive e del tempo libero. La gabbia del campanilismo e le micro ambizioni non porteranno lontano. Fra due/tre anni, ne siamo certi, la città reale abbraccerà la città istituzionale per imboccare finalmente il sentiero che condurrà la comunità dei cosentini verso traguardi di crescita e di progresso.

*Piero Minutolo, Presidente dell’associazione “Io partecipiamo”- ex Sindaco di Cosenza