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di Orlandino Greco*
La scuola ormai è iniziata anche al sud. Il suono della campanella è stata dovunque accompagnato da inaugurazioni, saluti istituzionali, discorsi di speranza, sentimenti di entusiasmo e sorrisi contagiosi . Ma siamo davvero contenti della situazione scolastica, principalmente, al sud?
Sono fermamente convinto che la cultura, in tutte le sue forme e manifestazioni, rappresenti la chiave di volta nell’evoluzione sociale di una comunità. È per questo motivo che leggo con preoccupazione i dati di diversi importanti istituti del nostro Paese, come l’Istat e la Svimez: in Calabria il tasso di dispersione scolastica esplicita è del 14%, mentre la dispersione scolastica implicita, ossia l’indicatore degli studenti che completano gli studi pur non avendo competenze adeguate in materie fondamentali come l’italiano e la matematica, si aggira tra il 50 e il 70%.
Bene ha fatto la Regione Calabria ad istituire recentemente un osservatorio per il diritto allo studio, iniziativa lodevole ma non sufficientemente confortante. Basti pensare ad alcuni numeri comparativi forniti sul sistema di istruzione al nord e al sud:
- L’accesso al tempo pieno per le scuole elementari del centro-nord è del 48,5%, al sud è del 18,6%.
- La spesa per le scuole e le università del centro-nord è di 1.795 milioni, per il sud è di 627 milioni.
- Al sud il 79% degli studenti è privo del servizio mensa.
*Al sud il 66% degli studenti frequenta scuole prive di palestra.
Ad aggravare tutto ciò vi sono i dati del Rapporto Invalsi 2023 che evidenziano il distacco della nostra regione e della Sicilia rispetto al resto del Paese nei risultati conseguiti dagli studenti tra scuole e classi.
Il punto, allora, non è e non può essere banalizzato con la qualità del sistema formativo, che al sud vede tanti poli di eccellenza, ma analizzato politicamente partendo da un’analisi del contesto sociale: come può un territorio, depredato da secoli, supportare un Paese che stenta a crescere se non ci si rende conto che la mancata crescita dipende proprio dal mancato sviluppo del Mezzogiorno? La Calabria ha perso 92mila giovani in dieci anni nell’indifferenza di sostanza che si cela dietro gli allarmismi di facciata. Un’indifferenza di chi, ai vertici governativi, non riesce (nella migliore delle ipotesi) o non vuole attuare strategie volte alla risoluzione di un problema che non può più definirsi emergenza in quanto stantio e annoso da troppo tempo. L’emergenza, semmai, può definirsi tale la dove non solo vi è la sensibilità verso chi soffre ma la dove vi è presa d’atto che senza Sud e senza giovani, sempre più costretti addirittura verso l’estero, non vi è futuro per il sistema Paese.
Dunque in luoghi nei quali il tasso di disoccupazione è elevato quanto il lavoro nero ed i fenomeni criminosi diventano spesso attrattivi della disperazione, lo Stato e le sue classi dirigenti hanno il dovere morale di far avvertire la loro presenza con azioni tangibili, bandendo la demagogia e le parate militari, volte a ristabilire equità e giustizia sociale in un Paese che deve recuperare autorevolezza agli occhi del mondo.
- Italia del Meridione