Tutti gli articoli di Lettere e Opinioni
PHOTO
di Pietro Tarasi*
Ormai parlare dell’evoluzione di una città risulta anacronistico a causa della quantità di interazioni e relazioni che attraversano le aree che la circondano. Pensare ad un territorio comporta necessariamente il superare un concetto di limite ormai di sapore burocratico amministrativo e retaggio della concezione del vecchio secolo di zonizzazione volta a gestire più le emergenze che a sviluppare le potenzialità. Importante quindi sostituire tale termine con quello di margine che, differentemente da limite, rappresenta non una cesura fra spazi ma una relazione fra questi sempre più dinamica e porosa in cui si possono sviluppare progetti che non tengano conto delle competenze burocratiche ma delle esigenze della complessità dei luoghi.
In questo contesto non può non iscriversi un concetto di città che rappresenti un cluster di opportunità volte a fare da catalizzatore della gestione delle relazioni urbane di prossimità. Una città che possa essere efficiente, attrattiva e propositiva rappresenta, in un territorio, un elemento di coordinamento relazionale e di scambio tale da fertilizzare tutto lo spazio circostante. Diversamente una città deteriorata economicamente e socialmente deprime anche il contesto in cui si trova. Da questo punto di vista è evidente come la conurbazione Cosenza, Rende e Castrolibero, interessate dalla recente legge di fusione, presenti nella attuale impostazione evidenti fragilità dovute alla frammentazione di una unità che, se fosse integrata, rappresenterebbe un esempio di città capace di affrontare il futuro. Negli anni la città di Cosenza ha assistito ad una migrazione verso gli altri due comuni grazie a politiche di urbanizzazione per la disponibilità di spazi assenti nel capoluogo.
Anche la scelta del l’insediamento dell’università e la possibilità di definire un’area industriale è stata possibile per disponibilità di spazi. Tutto ciò ha determinato nel tempo una specializzazione territoriale che ha comportato una integrazione economica spontanea e una rete di relazioni e scambi complessa che non trova nessuna correlazione con la gestione amministrativa. Questo processo che si è determinato nel tempo potrebbe ravviarsi come una sorta di parassitismo da parte di comunità che hanno approfittato della rendita di posizione. Sempre in questo contesto si è assistito ad una logica di mera speculazione privilegiando l’edilizia privata e lasciando al capoluogo la gestione del disagio abitativo dei quartieri popolari.
Ancora di più nel tempo si è consolidata la specializzazione della città in centro amministrativo e spazio commerciale abbandonando di fatto per carenza di risorse tutto l’aspetto sociale, culturale ed educativo. Credo che il progetto di una città unica, oltre a comportare un aumento della complessità, possa essere una sorta di restituzione nei confronti di Cosenza che potrebbe aspirare a candidarsi città dei saperi potenziando enormemente le sue opportunità. Sfruttare tutte le potenzialità integrate dei territori porterebbe una migliore allocazione delle risorse e un uso più razionale degli spazi magari in una logica di salvaguardia degli ambienti naturali e di integrazione della Biodiversità. Anche per quanto riguarda i servizi bene farebbe a tutti una programmazione di area vasta su temi quali la sanità, i trasporti e l’offerta culturale. Una politica integrata delle necessità abitative dei meno ambienti, dei flussi migratori e permanenze temporanee quali studenti e lavoratori in transito sarebbe meglio gestito in un contesto in cui si assiste a forti speculazioni di edilizia privata, accompagnata da un progressivo abbandono delle abitazioni di epoche passate per esodo degli abitanti.
In definitiva ritengo che la presenza di una città che abbia in sé una sua dimensione spaziale e una giusta diversificazione di vocazione volta a determinare una mutualità e cooperazione fra le varie aree che la compongono, sia oggi necessaria per affrontare le sfide future e non ci si possa ancora crogiolare nei presunti fasti del passato rivendicando ambizioni identitarie scavando nella storia per giustificare la presunta indipendenza. Infine mi fa sorridere chi ritiene che l’operazione della fusione sia fatta secondo i canoni del neoliberismo capitalista. Probabilmente tale concezione riguarda i proponenti per appartenenza politica alla destra ma, ciò non di meno, dovrebbe riguardare quella parte progressista dei cittadini che possano rivendicare politiche di equità, sostenibilità, giustizia economica e sociale grazie alle risorse provenienti da una gestione integrata e non da meri trasferimenti.
*presidente “Progetto Meridiano”