di Ernesto Funaro*

Ritenevo possibile che, dopo l’ordinanza del Tar della Calabria dell’8 novembre e la sentenza del Consiglio di Stato regionale del 15 dicembre che, confermando la decisione del Tar, ha negato la sospensiva richiesta dai comuni di Cosenza e di Castrolibero, dal comitato spontaneo di Rende e dal comitato “Cosenza no alla fusione- per una città policentrica”, il cammino per lo svolgimento del referendum consultivo per l’istituzione della Città unica e l’attivazione delle procedure susseguenti potessero svolgersi in un clima di serena competizione con l’obiettivo di definire procedure e strumenti per la costruzione di una nuova Città più equilibrata ed attrattiva.

Era logico attendersi una rimodulazione delle ragioni del sì e del no alla luce di provvedimenti adottati sulla base della normativa nazionale e regionale vigente, per come espressamente indicato nei due provvedimenti emanati. La strada era stata peraltro aperta sin dal 1948 con la Costituzione italiana che, all’articolo 133 secondo comma, così recita: “la Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.

La normativa regionale, a sua volta,  trova fondamento nella legge regionale n. 13 del 5 aprile 1983 recante “ Norme di attuazione dello Statuto per l’iniziativa legislativa popolare e per il referendum”, nelle deliberazioni n. 275 e n. 277 del Consiglio regionale di approvazione dello Statuto del 2004, e nelle successive leggi regionali n. 15/2006 e n. 24/2023.

E’ di tutta evidenza che la potestà legislativa in materia di fusione di comuni è attribuita alle regioni cui compete l’obbligo di fissare le tappe successive per l’istituzione dei nuovi Enti locali. Nel merito, per come sancito nella Deliberazione del Consiglio regionale n. 308 del 26 luglio 2024, il provvedimento amministrativo n. 177 /12 di indizione del referendum è stato approvato con 25 voti a favore sui 28 presenti e votanti, con un solo voto contrario e due astenuti.

Bisogna dare atto che una spinta decisiva per superare rigidità e sospetti sia venuta dalla opportuna iniziativa dei due consiglieri regionali cosentini del PD, Bevacqua e Iacucci, che, spostando al 2027 la data di istituzione della nuova Città, ha fornito un congruo tempo per elaborare, con i dovuti approfondimenti, Statuto, assetti politici ed amministrativi, questioni finanziarie e di bilancio, avendo a riferimento le disponibilità derivanti dalla normativa vigente tra cui l’articolo 21 comma due ter del D.l. n.50/2017.

Coloro i quali insistono nel sostenere che gli atti di istituzione della città unica con la fusione dei comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero avrebbero dovuto o dovrebbero essere preceduti da delibere consiliari formalmente assunte dai tre comuni si muovono nell’ottica di una pur legittima visione di vita democratica, che non trova però fondamento nel dettato normativo vigente.

Proposte di ripartire da zero per sanare il presunto vizio d’origine della mancanza di un atto di impulso dei consigli comunali, per come reclamato dai sostenitori del no, appaiono francamente strumentali e fuorvianti, perché è forte il sospetto che si intenda così bloccare le procedure in atto: ciò significherebbe mettere una pietra tombale sulla prospettiva di Città unica o di Area vasta, estesa indefinitivamente a tutta la corona di paesi e di centri abitati che costituisce l’Area urbana.

La gradualità delle scelte, con azioni scaglionate nel tempo, sostenute dal professor Massimo Veltri, risulta al riguardo una strada per costruire il futuro, partendo però dalla fusione dei tre Comuni,considerata la prima tappa di un processo di più  ampia portata. A pochi giorni dall’appuntamento referendario “ è urgente isolare subito gli anatemi”, per come lucidamente sostenuto dall’onorevole Pierino Rende, e diffondere il messaggio che occorre mobilitarsi ed andare a votare perché il varo di una iniziativa di crescita e di sviluppo per l’intero territorio merita una più convinta adesione e il sostegno popolare.
*Ernesto Funaro, ex assessore regionale al Bilancio