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Il cartellone che indica la zona industriale di Rende a contrada Lecco è seminascosto da una fitta vegetazione che lambisce una lingua di vecchio asfalto sulla quale auto e camion in transito sembrano quasi rimbalzare. Persino l’andamento del guardrail è incerto, per colpa della mancata manutenzione.
L’immagine che campeggia sulla segnaletica è quella di una ciminiera, in contrasto con una zona che di “industriale” in verità non ha quasi nulla. Gli ultimi fumi alzatisi su contrada Lecco sono stati quelli della Legnochimica, che ha smesso di funzionare alla fine degli anni novanta.
Alberigo Napoli, esponente della segreteria regionale della Fiom, è tranchant: «Ma quale area industriale, quella di Rende è perlopiù una zona commerciale». Sin dagli albori, erano i primi anni duemila, a farla da padrone sono state le concessionarie automobilistiche, che da un pezzo hanno cominciato a “sbandare”. «Le vendite di auto sono legate a doppio filo alle richieste del mercato, a loro volta influenzate da fattori esterni, come il costo del carburante e gli incentivi. I produttori avevano investito molto sui veicoli elettrici e ibridi, ma questo segmento, a causa dei costi particolarmente elevati, non ha soddisfatto a pieno le aspettative iniziali», spiega il rappresentante della Fiom regionale.
A farne le spese sono i lavoratori. «Le concessionarie che insistono nella zona industriale di Rende ricorrono da tempo agli ammortizzatori sociali, attivando ciclicamente la cassaintegrazione. Fortunatamente, finora, non si sono registrati licenziamenti», aggiunge.
La zona industriale di contrada Lecco, eccezion fatta per le concessionarie, vanta la presenza di una grossa realtà qual è Calabra Maceri che, inclusa la sede di contrada Cutura (sempre nel comune di Rende) dà lavoro a circa trecento persone. Non mancano aziende informatiche e call center, anche se Alberigo Napoli precisa: «Si tratta di esempi sporadici, che da soli non bastano a cambiare il destino di questa zona industriale. Eppure, basterebbe implementare la sinergia con la facoltà di Ingegneria dell’Unical per incentivare l’arrivo di nuove aziende che operano in questo settore».
Lo scioglimento del Consiglio comunale di Rende ha senza dubbio peggiorato la situazione. La mancanza di un interlocutore istituzionale e di una seria programmazione enfatizzano giocoforza lo stato di abbandono. Persino il Parco industriale di Rende, nato per promuovere lo sviluppo delle aziende che operano a contrada Lecco, sembra aver rinunciato alla propria missione. Qualche giorno fa, alla richiesta di un’intervista, il presidente dell’associazione Ferdinando Morelli rispondeva così: «Abbiamo deciso di non parlare di zona industriale fino a quando non verrà eletto il nuovo sindaco. Altrimenti, le nostre proposte cadrebbero nel vuoto».
Diversa la posizione di Alberigo Napoli, che denuncia: «Mancano del tutto i collegamenti. La zona industriale di Rende può essere raggiunta soltanto grazie ai mezzi privati, perché nessuno ha mai pensato di fare arrivare fin qui le linee del trasporto pubblico locale. Anche la questione relativa alla realizzazione del nuovo svincolo autostradale di Settimo rimane nebulosa. Eppure – conclude l’esponente della segreteria regionale della Fiom – proprio quello svincolo renderebbe la zona industriale di Rende più facilmente raggiungibile».