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A quasi due settimane dalla scomparsa di Denisa Maria Adas, la 30enne romena escort di professione svanita nel nulla la sera del 15 maggio da un residence di Prato, le indagini registrano una prima, importante svolta: un avvocato 45enne originario di Reggio Calabria è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di sequestro di persona in concorso.
Il sospetto, al vaglio della procura di Prato guidata da Luca Tescaroli, è che l’uomo – già citato in precedenza da un’amica della escort scomparsa – sia coinvolto direttamente nel presunto rapimento, oppure che disponga di informazioni cruciali su quanto accaduto alla donna. I carabinieri hanno già effettuato perquisizioni e sono state avviate le operazioni di estrapolazione di Dna e impronte digitali dalla stanza 101 del residence, dove Denisa Maria Adas riceveva i clienti su appuntamento, dall’auto della vittima e da oggetti personali custoditi a casa della madre a Roma.
Le indagini si stanno concentrando anche su due telefonate effettuate da Denisa a notte fonda – dopo l’ultima chiamata alla madre alle 23:30 del 15 maggio – con un uomo di origine romena. I tabulati telefonici e le celle agganciate in quei minuti potrebbero svelare legami con la banda criminale che, secondo una testimonianza, avrebbe cercato di costringere la donna a lavorare per un giro di prostituzione gestito da connazionali a Roma.
Una barista di Prato ha raccontato agli inquirenti di aver sentito Denisa parlare agitata al telefono in romeno proprio la sera della scomparsa, pronunciando una frase ora al centro dell’inchiesta: “Se vado da lui o mi vede mi ammazza”. Una testimonianza che, se confermata, rafforzerebbe l’ipotesi del sequestro.
L’avvocato calabrese – secondo quanto riferito da un’amica della vittima – avrebbe contattato la madre di Denisa, sostenendo che la figlia era viva ma ferita, e in mano a un gruppo di romeni. L’uomo avrebbe proposto un accordo: assistenza legale gratuita in cambio della liberazione della escort trentenne. Un piano che avrebbe convinto la madre a non informare subito le autorità, nella speranza di un rilascio ‘negoziato’: tale reticenza è costata a Maria Cristina Paun, 49 anni, l’iscrizione nel registro degli indagati per false informazioni al pubblico ministero. Nei giorni scorsi è stata perquisita la sua abitazione a Roma, nel quartiere di Torpignattara, dove è stato sequestrato un cellulare Samsung utilizzato per comunicare con l’avvocato. I tecnici incaricati dalla procura stanno ora analizzando il dispositivo alla ricerca di messaggi, chiamate e dati utili a ricostruire i contatti e i movimenti nelle ore decisive.
Nella stanza 101 del residence di via Ferrucci dopo la scomparsa gli investigatori hanno trovato le valigie e i telefoni spariti, la chiave della camera inserita nella toppa, e un paio di scarpe con i tacchi, trucchi e medicinali rimasti indietro. Elementi che fanno pensare a una fuga improvvisa o a un allontanamento forzato. Nel cortile, la Fiat 500 della donna era ancora parcheggiata, con il tagliando settimanale in bella vista.