La scena è di quelle che non si dimenticano. Le urla strazianti nella notte, le fiamme che divorano l’appartamento al quarto piano di viale Abruzzi, a Milano, e una donna che si getta dalla finestra nel disperato tentativo di sottrarsi alla morte. Si chiamava Sueli Leal Barbosa, aveva 48 anni, era un’infermiera stimata all’Istituto dei Tumori. La notte del 5 giugno 2025 ha perso la vita dopo essersi lanciata dal balcone, mentre il fuoco distruggeva ogni via di fuga. A distanza di poche ore, il suo compagno è stato fermato con l’accusa di omicidio volontario aggravato e incendio doloso.

Un gesto disperato per sfuggire al fuoco

Non un incidente, non una tragedia imprevista. Secondo gli inquirenti, l’incendio è stato appiccato volontariamente. Lo ha confermato il Nucleo investigativo antincendio durante un sopralluogo lungo e dettagliato. “Abbiamo capito tutto”, ha detto con chiarezza Michele Giacalone, capo reparto della direzione regionale dei Vigili del Fuoco, aggiungendo che l’incendio ha avuto origine dolosa e che l’appartamento è stato distrutto da un flashover, un’improvvisa e violenta propagazione delle fiamme.

Ma c’è di più. Quando i soccorritori sono entrati nell’appartamento, hanno trovato un particolare inquietante: la porta d’ingresso era chiusa a chiave dall’esterno, e quella chiave era in possesso esclusivamente della coppia. Un dettaglio che trasforma radicalmente il racconto di quella notte e rafforza l’ipotesi dell’accusa.

Nessuna confessione, ma prove gravi a carico

L’uomo, rintracciato nei pressi di un bar vicino a piazzale Loreto, non ha confessato. Durante l’interrogatorio in Questura condotto dalla pm Maura Ripamonti, si sarebbe limitato a dire che l’incendio potrebbe essere stato provocato involontariamente. Un’affermazione che contrasta con le testimonianze raccolte, i filmati delle telecamere e soprattutto con la porta chiusa a chiave.

Il provvedimento di fermo è stato quindi emesso in seguito al lungo interrogatorio e agli elementi oggettivi raccolti dagli investigatori della Polizia e dei Vigili del Fuoco. L’ipotesi degli inquirenti è netta: il compagno avrebbe appiccato il fuoco dopo una lite, lasciando Sueli intrappolata nell’appartamento.

Un passato segnato da litigi e violenza domestica

A rendere ancora più cupa la vicenda sono le testimonianze dei vicini di casa, che raccontano di frequenti litigi tra i due conviventi. “Ogni volta che tornavo a casa, di sera, sentivo le grida provenire dal quarto piano”, ha raccontato un residente. Non era la prima volta che i due avevano discussioni violente. Solo pochi mesi fa, la Polizia era già intervenuta nell’abitazione per una lite accesa. La tensione tra Sueli e il compagno era nota, ma non era mai stata formalizzata una denuncia da parte della donna.

La sera del 4 giugno, secondo alcuni testimoni, una violenta lite aveva preceduto l’incendio. Le urla di Sueli sono state sentite per almeno dieci minuti, prima che l’appartamento venisse avvolto dalle fiamme. Poi, il gesto estremo: lanciarsi dal quarto piano per fuggire al rogo. Una scelta disperata che si è rivelata fatale.

Il ruolo della magistratura e delle indagini

Il caso è ora nelle mani della Procura di Milano, con la pm Ripamonti a coordinare le indagini. Fin dalle prime ore, la Procura ha seguito con attenzione il sopralluogo dei Vigili del Fuoco, presenti sul luogo per eseguire rilievi tecnici fondamentali. Tutto punta a un disegno preciso: una volontà omicida mascherata da tragedia domestica.

Le indagini dovranno ora stabilire la dinamica esatta dell’incendio, l’orario preciso dell’accensione, e raccogliere ulteriori riscontri scientifici. Ma le premesse non lasciano spazio a molti dubbi: per gli inquirenti, l’uomo ha chiuso Sueli dentro casa e ha dato fuoco all’appartamento.