Non un incendio colposo, ma “un’azione caratterizzata da un minimo di pianificazione e non frutto di un’azione d’impeto”. E’ questa la convinzione della pm Maura Ripamonti che ieri sera ha fermato Sinval Michael Pereira, 45 anni brasiliano, per l’omicidio volontario della compagna e connazionale Sueli Leal Barbosa la quale si è buttata dalla finestra nel tentativo di fuggire alle fiamme appiccate nel suo appartamento al quarto piano in viale Abruzzi a Milano.

Il sopralluogo del Nucleo investigativo antincendi dei vigili del fuoco ha portato a individuare “la presenza di sostanze acceleranti la combustione”, la cui natura dovrà essere successivamente accertata, “in almeno due punti della casa, ossia nel soggiorno, in prossimità della porta di ingresso, e nella camera da letto” dove la vittima si trovava quando le fiamme hanno preso forza. Un elemento che emerge nel provvedimento di fermo e che l’indagato ha provato a sminuire dicendo di aver lanciato per rabbia un mozzicone di sigaretta sul tappeto della sala.

“E’ tuttavia da rilevare che è impossibile che quel tipo di incendio possa essersi sviluppato con la dinamica descritta dall’indagato” scrive la pm Ripamonti, “inoltre la presenza di acceleranti in due ambienti è in contrasto con la natura colposa – se non accidentale – dello sviluppo delle fiamme”. Per gli inquirenti, l’uomo è stato sentito negli uffici della Squadra mobile, “Pereira è uscito dell’appartamento dopo aver appiccato il fuoco con un accendino o un altro strumento forse anche i fiammiferi che la compagna teneva nella propria borsa. L’incendio si sviluppa inizialmente nel soggiorno, ma in pochi minuti, grazie agli acceleranti, si estende con estrema rapidità nella stanza da letto”, dove la donna resta intrappolata e tenta la fuga lasciandosi cadere nel vuoto.

L’uomo esce da casa “intorno alle ore 0.49 e la prima chiamata al 112 è delle ore 0.56, quindi pochissimi minuti dopo”. Per la Procura “è ragionevole ritenere che egli, per ragioni di risentimento (dopo una lite, ndr) nei confronti della convivente, abbia deciso di appiccare il fuoco”. Il racconto delle fiamme scaturite dall’uso dei prodotti di pulizia “suscita invece perplessità ed è probabilmente un maldestro tentativo – una volta messo di fronte alle bugie inizialmente raccontate (compresa l’ipotetica presenza di candele profumate o di un malfunzionamento della caldaia) – di ricondurre il tutto ad una ‘disgrazia’ o al più ad un atto colposo”.

Il 45enne ha inizialmente negato la lite con la compagna, così come la sua presenza in casa poco prima che le fiamme sono divampate, prova a discolparsi parlando di un malfunzionamento della caldaia, quindi dell’abitudine della donna di accendere candele e utilizzare prodotti infiammabili per la pulizia della casa. Poi di fronte alla contestazione che una telecamera lo inquadra mentre esce di casa alle ore 00.49, vacilla e si autoaccusa.

“Io e Sueli abbiamo discusso, lei era arrabbiata con me perché voleva che la raggiungessi a letto anziché bere, io mi sono innervosito, ho fumato una sigaretta e un istante prima di uscire l’ho gettata sul tappeto che era davanti al divano. Preciso che lei puliva il tappeto e il divano con alcol ed ammoniaca”. Il resto lo spiega nell’interrogatorio davanti alla pm Maura Ripamonti. “Volevo fare un dispetto, non pensavo di provocare un incendio o di ucciderla. Lei era una maniaca dell’ordine e discutevamo perché lei era spesso nervosa”. Gli acceleranti trovati, nel sopralluogo dei vigili del fuoco, in salotto e in camera da letto raccontano un’altra storia per gli inquirenti.