A 14 anni la vita dovrebbe essere fatta di sogni e vacanze imminenti. Per Martina Carbonaro, invece, tutto si è fermato in una sera d’estate. Il suo corpo è stato ritrovato sotto un cumulo di rifiuti, massacrato a colpi di pietra. È la più giovane vittima di femminicidio in Italia.

Martina era figlia unica, frequentava il primo anno dell’Alberghiero di Casoria. Amava la ginnastica artistica, i neomelodici, ballare su TikTok. Sognava di diventare chef o carabiniera. Viveva ad Afragola, in una realtà difficile, ma piena di vitalità e amicizie.

Il 26 giugno era uscita come sempre. Si è fermata alla yogurteria in corso Garibaldi, dove il proprietario, Silvio Catalano, la conosceva bene: «L’ho vista crescere. Non riesco a credere di essere stato l’ultimo a vederla viva».

Martina aveva un fidanzato, Alessio Tucci, 19 anni, con cui stava da quando lei aveva appena 12 anni. Una relazione malata, fatta di possesso e gelosia. Una volta l’aveva anche picchiata. Martina voleva lasciarlo, si sentiva soffocare.

Quella sera avevano un appuntamento per chiarire. Le telecamere li mostrano insieme, lui si copre il volto, lei lo raggiunge, poi camminano verso lo stadio Moccia, edificio fatiscente frequentato da coppiette. Lì Martina è stata uccisa. Il suo telefono si spegne alle 21.07.

La famiglia di Alessio chiede perdono. Ma non basta. Non è stato un raptus, ma un delitto maturato nella cultura del possesso. Martina voleva libertà. E per questo è morta. Ieri Afragola ha sfilato in silenzio con candele accese. «Le nostre lacrime saranno più dei palloncini bianchi», dicono le amiche. Resta il vuoto. E un futuro rubato per sempre.