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Micheal Affatato aveva 25 anni. È morto sul colpo precipitando dal tetto di un capannone a Mandatoriccio, il 25 gennaio. Un volo di 10 metri al termine del quale il suo cranio si è fracassato a terra, non lasciandogli scampo. È uno dei morti sul lavoro di quest’ultimo anno, iniziato tragicamente proprio qui in Calabria il 3 gennaio, quando il 38enne Francesco Stella è venuto giù da un’impalcatura nella zona industriale di Lamezia Terme, squarciando la pelle ancora giovane del 2025 e aprendo una ferita che ha continuato ad allungarsi.
Fino a oggi. Oggi che è Primo Maggio e con voce ancora più grossa si urla «mai più» tra le strade del Paese, dai palchi allestiti nelle città dove i lavoratori fanno festa per un giorno e quelli che fanno la festa ai lavoratori tutti i giorni ascoltano distrattamente appelli che forse continueranno a essere disattesi. Più sicurezza, più controlli. Più vita.
Numeri e nomi dei morti sul lavoro a Cosenza e in Calabria
Sono tre gli infortuni mortali registrati nel primo bimestre in Calabria dall’Osservatorio Sicurezza sul lavoro e Ambiente di Vega Engineering. Due in provincia di Cosenza. Micheal Affatato e poi Antonio Occhiuzzo. Una vita da emigrante in Svizzera, poi il rientro in Calabria, a Roggiano Gravina. Qui, il 10 gennaio si è ribaltato con il suo trattore, è rimasto ferito, ha chiesto aiuto, lo hanno soccorso. È morto poco dopo all’Annunziata.
Numeri che purtroppo sono andati gonfiandosi ulteriormente, pronti per la prossima statistica. L’ultimo incidente letale appena due giorni fa, a San Giorgio Albanese, dove un 73enne ha perso la vita travolto dal trattore su cui stava lavorando.
Ma questa terra non piange solo i figli caduti tra le sue braccia. Piange anche quelli andati via e tornati in una bara. Come Antonio Maiorano. Originario di Belvedere Marittimo, titolare di un’impresa edile individuale, è morto l’11 aprile cadendo dal tetto di una villetta su cui stava eseguendo alcuni interventi, a Chambave in Valle d’Aosta. Aveva 54 anni.
Storie pronte a diventare numeri. Secondo i dati dell’Inail, nel 2024 sono stati 26 i morti sul lavoro nella nostra regione, nel 2023 erano stati 29. La provincia di Cosenza veste la maglia nera: 12 vittime nel 2024, 17 nel 2023.
In totale, in Calabria durante lo scorso anno sono stati denunciati 8.857 infortuni, l’anno prima ne erano stati registrati 8.596. E il dato peggiore, ancora una volta, proviene dal Cosentino: 3.339 lo scorso anno, 3.080 quello prima.
E poi è arrivato il nuovo anno e alla Calabria è toccato il tragico primato. Muore Francesco Stella a Lamezia, poi tocca a Micheal Affatato a Mandatoriccio e, in mezzo a queste due tragedie, quella del 63enne Antonio Occhiuzzo a Roggiano Gravina.
E poi Roberto Falbo, che perde la vita a 53 anni a Lamezia, il 21 marzo. E Francesco Procopio, il cui respiro si ferma il 31 marzo a 57 anni, a Orbassano nel Torinese, lontano dalla sua Santa Caterina dello Ionio, in provincia di Catanzaro. E i casi di Antonio Maiorano e del 73enne di San Giorgio Albanese.
Una danza macabra di nomi che poi diventano numeri da incastonare tra righe e colonne su fogli Excel, da sommare, confrontare, trasformare in percentuali. Morti sul lavoro, morti di lavoro.
Non solo infortuni mortali
In tutta Italia sono 101 quelli registrati nei primi due mesi del 2025. Il 2024 si è chiuso invece con 1.090 infortuni letali, su un totale di 589.571 denunciati. Nel 2023 erano stati 1.041 su 585.355.
E poi ci sono le malattie professionali. Le denunce protocollate dall’Inail nel 2024 in Italia sono state 88.499, 15.745 in più rispetto allo stesso periodo del 2023 (+21,6%). Ai primi posti le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, quelle del sistema nervoso e dell’orecchio, seguite dai tumori e dalle patologie del sistema respiratorio.
Qualcuno lo ha definito un bollettino di guerra. E come ogni bollettino di guerra racconta di tragedie, di famiglie distrutte, di figli rimasti orfani di genitori e di genitori rimasti orfani di figli. Di frasi sentite e risentite che si vorrebbe fare a pezzi, cambiando l’ordine delle parole, mutandone il senso. Lavoro, strage senza fine. Lavoro senza strage. Fine.