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Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, con il sistema contributivo, può andare in pensione a 64 anni con almeno 20 anni di contributi, a patto che l’importo dell’assegno sia pari ad almeno tre volte l’assegno sociale (circa 1.600 euro al mese). Tuttavia, un emendamento della Lega alla Legge di Bilancio introduce dal 2025 la possibilità di sommare la rendita maturata presso un fondo pensionistico integrativo per raggiungere questo requisito, ma richiede 25 anni di contributi dal 2025 e 30 anni dal 2030.
Come funziona il nuovo sistema
Attualmente, per ottenere la pensione anticipata con 20 anni di contributi, l’assegno deve essere pari a tre volte la pensione minima per gli uomini e 2,8 volte per le donne. Grazie al nuovo emendamento, sarà possibile aggiungere la rendita dei fondi pensionistici integrativi per raggiungere la soglia di tre volte il minimo. Questo apre a una maggiore flessibilità in uscita, permettendo di anticipare la pensione. Il sottosegretario al lavoro, Claudio Durigon, ha definito il provvedimento una svolta per il sistema previdenziale italiano. Tuttavia, il silenzio-assenso per il TFR nei fondi pensione si applicherà solo ai nuovi assunti.
Il risvolto economico: un canale da ricchi?
La possibilità di cumulare la rendita con la pensione pubblica introduce una maggiore flessibilità, ma implica anche un incremento degli anni di contributi richiesti: da 20 a 25 anni dal 2025 e a 30 anni dal 2030. Inoltre, dal 2030, la soglia salirà a 3,2 volte la pensione minima (circa 1.700 euro mensili). Questo restringe le opzioni per chi non ha un fondo pensione, consolidando un sistema che sembra favorire chi ha maggiori risorse economiche.
Verso una nuova riforma pensionistica
Il governo sta lavorando per allargare questa opportunità anche ai lavoratori con un sistema contributivo “misto”, ovvero chi ha iniziato a lavorare prima del 1996. L’obiettivo è superare la Legge Fornero e offrire maggiori possibilità di pensionamento anticipato, anche per le lavoratrici part-time, spesso penalizzate dall’attuale sistema. Tuttavia, i sindacati, come la CGIL, avvertono che queste modifiche rischiano di escludere chi non riesce a raggiungere gli anni di contribuzione richiesti.