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Ci eravamo già occupati dei dipendenti della Tech & Com lo scorso ottobre, mettendo in evidenza come le maestranze fossero in stato di agitazione. A stretto giro fu indetta una giornata di sciopero nel tentativo di richiamare l’azienda alle proprie responsabilità. La storia non era differente da quella di altre mille società sparse sul territorio calabrese e italiano.
Il committente non pagò puntualmente e, di riflesso, anche gli stipendi furono corrisposti a singhiozzo, ribaltando il rischio di impresa sui lavoratori. Al punto che Tech & Com, operante a Rende nel settore delle telecomunicazioni con funzioni di call center e di assistenza alla clientela dei colossi dell’energia Enel e Iren, ha avviato una procedura di licenziamento.
La vicenda è tornata tristemente di attualità lo scorso primo dicembre, in occasione dello sciopero generale proclamato dalla Cgil e dalla Uil e che ha richiamato un migliaio di persone a Cosenza. Nella centrale piazza Kennedy, lungo l’isola pedonale del capoluogo bruzio, c’erano anche i 13 lavoratori di quell’azienda che non sono stati ricollocati. A salire sul palco allestito dai sindacati è stata una di loro, Stefania Firetto.
«Tech & Com era formata da 60 dipendenti assunti a tempo inverminato – ha spiegato riannodando i fili della vertenza -. Iniziammo tutti insieme lavorando per lo stesso committente, ma in 13 fummo successivamente spostati su un’altra commessa: Iren. Il 3 ottobre Tech & Com avviò una procedura di licenziamento collettivo, ma sapete come è finita? È finita che gli altri colleghi hanno beneficiato della clausola sociale ed hanno iniziato a lavorare per un’altra azienda. Noi 13 invece siamo a casa».
Il riferimento è all’accordo firmato lo scorso 21 novembre firmato dalle segreterie nazionali dei sindacati con Enel e System House. «Noi 13 perdiamo il lavoro perché Iren si è rifiutata di attivare la clausola che ci riguardava – ha detto -. Riteniamo che questa sia una violazione del CCNL e della legge 11 del 2016. Essa è chiara, non va interpretata: impone di proteggere i lavoratori e i loro diritti. Oggi mi rivolgo direttamente a tale colosso dell’energia, una società con diverse partecipazioni statali che però sembra essere sorda alle nostre richieste. Questo nonostante sia alla costante ricerca di personale come testimoniano gli annunci pubblicati sui social di riferimento».
Stefania ha concluso il suo intervento tra gli applausi dei manifestanti, dando un altro triste particolare. «Dieci di questi 13 dipendenti sono donne e madri – ha evidenziato -. Sento spesso le aziende promuovere le famose quote rose, mentre noi siamo state abbandonate. Tra poco sarà Natale, le nostre famiglie lo affronteranno senza la sicurezza di un lavoro»