di Alessandra Bruno

Nella Piccola Biblioteca di Cuti, a Rogliano, si susseguono incontri all’insegna della bellezza: le sue mura, che tanto hanno visto e udito, continuano ad affascinare insieme al caratteristico profumo dei suoi libri. Il 6 settembre, la magia dei suoi spazi ha preso forma fra dipinti, sculture e foto per la presentazione del libro di Lucia Longo “Mute. I monologhi di Eco”, Il filorosso Edizioni.

Inserito all’interno della mostra collettiva d’arte “Fuggire per restare. Restare per fuggire” organizzata dal poeta Daniel Cundari, l’incontro con la poetessa Lucia Longo fa parte di una serie di eventi che dal 2 fino al 12 settembre hanno animato e animeranno la Piccola Biblioteca. La melodia di una canzone di Caetano Veloso “Cucurrucucù Paloma” ha rotto il silenzio di attesa e fatto crescere la curiosità dei presenti.

La poetessa si muoveva all’interno della biblioteca, creando suspense per ciò che sarebbe accaduto. Mentre le note suonavano, Lucia continuava a muoversi sinuosa fra i suoi scritti, raccolti su carta dove non solo è chiara la sua calligrafia, ma nitidi sono anche i dipinti che lei stessa ha realizzato accanto alle sue poesie.

Posizionava i suoi scritti sul pavimento, sulle seggiole intorno, facendo scorrere un pezzo di nastro adesivo con scritto “MUTE” sulle labbra della donna seduta sulla poltrona rossa, mentre le ultime note della canzone sono state il preludio del successivo silenzio che si stava attendendo per dar spazio alla voce della poetessa. Lucia Longo è una poetessa e performer, mailartista e counsellor. Dipinge le sue poesie perché in questo modo dà loro la possibilità di essere “viste” attraverso la creazione di installazioni e libri d’artista che sfoglia e srotola nelle sue performances. “Rendez vous”, “Pinocchio Innamorato”, “Contaminarsi”, “Anima e carne” sono i titoli delle sue raccolte di poesie.

«Ho aperto questo incontro con due poesie d’amore perché voglio parlarvi del non amore. Racconto l’abuso nascosto, il trauma dell’abisso nascosto e lo racconto attraverso monologhi, attraverso fotografie e attraverso poesie, spesso scritte nel mio dialetto di Casole Bruzio spiega la poetessa Lucia Longo. Una scelta dialettale dovuta a motivi linguistici, ma soprattutto emotivi perché il dialetto è la lingua che più si avvicina al linguaggio sensoriale dei bambini. Raccontare, dunque, con carnalità le emozioni, i sentimenti e il dolore, utilizzando il dialetto che è anche la lingua cristallizzata degli anziani, quindi un concentrato di emozioni e valori a volte dimenticati. Parlo degli amori infelici; infelici questi amori, ognuno a proprio modo. Iniziano tutti con la stessa tempesta d’amore intensa che in un amore malsano è ancora più forte.

Mentre in un vero amore l’idealizzazione finisce e cede il posto alla vera intimità, fatta di concretezze e quotidianità. La manipolazione e la svalutazione, l’idealizzazione è come se non finissero mai, per continuare a mantenere vivi il ciclo perverso della relazione tossica che da vita all’abuso nascosto», conclude Lucia Longo. Ma perché è cosi difficile uscire da una relazione malsana? E perché ogni relazione malsana ha poi un apice che sfocia in femminicidi e situazioni drammatiche? È così difficile perché i rapporti malsani producono una dipendenza da cui è difficile uscirne senza aiuto. La mancanza di consapevolezza porta a perpetuare meccanismi non assertivi. Tutto questo raccontato attraverso dialoghi, poesie e forme didascaliche nel libro “Mute. I monologhi di Eco”. Utilizzando un’impostazione psicologica archetipica, Eco rappresenta una personalità fortemente empatica che mette da parte i propri bisogni per sentire quelli degli altri. L’intermittenza, le briciole, il silenzio punitivo, il ghosting, la dimensione erotica, diventano il collante fra Eco e Narciso.

Si cristallizza il momento dell’idealizzazione, si insegue sempre quel momento. Si raggiungono alte vette e poi si cade giù, come sulle montagne russe: emozioni forti da brividi, potenti e alle quali non si può fare più a meno. L’abuso psicologico è un veleno dato a piccole dosi, ogni giorno, goccia dopo goccia anche la pietra si buca. E la vittima non si allontana perché la goccia continua a corrodere la pietra senza rendersene conto. Il processo di autoguarigione deve partire da dentro per poter rinascere. L’unica alternativa, se non si muore e si rinasce dalla propria ferita è quella, purtroppo, di spegnersi lentamente.