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Lontani dalla terra madre e avvistarne i rilievi in memoria, mistificare il ricordo al vissuto, tenere in serbo in sé la natura dell’origine come avere radici altrove dal corpo, succhiare ancora da quel suolo. Essere altrove ma tenersi in appartenenza, riconoscersi in caratteristiche peculiari non trattabili benché contaminate. Identificarsi.
Preziosa Salatino è figlia di Calabria. Di Paludi in provincia di Cosenza, mille anime in collina a una decina di chilometri da Rossano (la bizantina). Studi classici di Liceo nella città di San Nilo e poi Roma, al Dams, ad alimentare l’incontro col teatro che a Preziosa è comparso sulla strada come predestinazione (un formatore del Teatro dell’Oppresso a scuola, a maturare la convinzione che l’arte della scena potesse essere strumento di cambiamento e trasformazione individuale e sociale).
Evita le accademie per scelta, si forma con gli studi universitari e sul campo, frequentando assiduamente i teatri: sono gli anni romani della direzione artistica del Teatro Argentina di Mario Martone (primi anni duemila), assiste a spettacoli di Dario Fo, De Berardinis, Carmelo Bene, Martone stesso, Pippo del Bono, Pina Bausch. In quegli anni sorge il Teatro India, e partecipa alla residenza prolungata dell’Odin Teatret, esperienza folgorante, ci dice Preziosa. (di Emilio Nigro)
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