Di Maria Elena Grande

Chi da bambino non si è addormentato, almeno una volta, al racconto di una fiaba? Eppure nel velocissimo mondo di divoratori di podcast e racconti su schermo c’è chi le storie le vuole raccontare alla vecchia maniera. 

“I 4 desideri di Santu Martinu” è l’ultima idea artistica, portata in scena venerdì 31 maggio in seno alla Primavera dei Teatri 2024, l’ormai celebre festival del teatro contemporaneo che ogni anno anima la stagione castrovillarese, di Dario De Luca, da sempre attore e regista punta di diamante delle varie edizioni del festival teatrale calabrese. 

La rappresentazione, accompagnata dalla musica di Gianfranco De Franco, “I 14 desideri di Santu Martinu” è una riscrittura, in dialetto calabrese, liberamente tratta da alcuni fabliaux anonimi medievali, racconti comici e sconci che rielaborano reale e immaginario, culto, riso, preghiere e detti folkloristici. 

In una scenografia atemporale, tra l’immaginifico e l’essenziale, due strani viandanti, un cantastorie e un musico, venuti dal Medioevo (o da un futuro non così troppo lontano), si ritrovano davanti a spettatori da sold out, narrando loro una storia salace e iperbolica che appartiene all’umanità più pura e ne cristallizza i rapporti umani: il desiderio di una donna e di un uomo, nelle sue più intime e dissacranti sfaccettature, portato a vette parossistiche e assurde di grande godibilità.

Nel mondo tardoantico e medievale le funzioni assolte dalla favola furono esempio di saggezza e di vita: la scrittura delle favole non veniva utilizzata soltanto per esercitare la lingua, lo stile, o la memoria, ma il suo contenuto ne esaltava sempre più l’intento morale e pedagogico. La bellezza di questa rappresentazione è proprio il lasciare inalterato questo primario ed eloquentissimo intento letterario e sociale. 

“Santu Martinu mio, santu Martinu

tu ca fa scinna u vinu fino a pinninu

tenami cum‘ a nu frusculu dintra li mani, 

tenami e ‘un me lassari fino a dimani.

Il dialetto favolistico crea un’atmosfera arcaica e sacra e permette, al contempo, una fruizione perfetta, che introduce e mette in rilievo «l’immaginazione carica e colorata», per dirla come Italo Calvino, di una tradizione letteraria che rimanda a Letterio di Francia, celebre favolista ottocentesco calabrese, alle tanto attuali e imitate favole di Esopo, alle giaculatorie latineggianti e alle rappresentazioni scabrose e ilari dei salteri medievali. 

Si arricchisce così la Primavera dei Teatri 2024 di una nuova gemma, destinata a brillare, si spera, per molto tempo.