di Alessandra Bruno

Un incontro volutamente informale quello con Paola Bonadies. Un viaggio insieme alla poetessa castrovillarese per parlare di poesia e di letteratura, in una dimensione che va oltre il quotidiano perché quando si parla di arte si va sempre oltre. Paola Bonadies è nata a Castrovillari il 7 luglio 1978. Appassionata di poesia e arte, si laurea in Dams spettacolo nell’anno 2004. Danzatrice professionista, ha esperienze anche in ambito cinematografico come assistente alla regia. La sua prima pubblicazione risale al 1997 con la piccola raccolta “Lampi di Luna”, edita dalla Casa Editrice il Coscile.

Versi crudi e acerbi che appartengono ad una fase di gioco e di ancor poca consapevolezza della scrittrice. Seguono anni di ricerca personale ed espressiva, di contemplazione della natura e osservazione dell’essere umano, da cui attinge nutrimento psichico interiore e creativo. Si parte dalle origini, dal luogo in cui è nata «i luoghi sono importanti, lì tu cresci e àncori le tue radici. La lingua, i legami, l’identità, il luogo del sentimento che ti da le coordinate, quelle interiori che ti porti ovunque» esordisce Paola Bonadies.

Dopo l‘esperienza di Roma, torna in Calabria «nonostante il potenziale della mia terra sia tutt’ora soffocato, so che in questa povertà c’è la ricchezza delle persone e della lingua. In una città che non sia questa, mi sentirei un ospite, invece camminando per strada mi basta sentire una cadenza dialettale e tutto mi appartiene» continua a raccontare. L’approccio alla scrittura di Paola è corporeo, quello che la poetessa ha avuto con se stessa «la relazione del mio corpo nello spazio e quindi il movimento. Il corpo è fatto di carne e in quanto tale ha voglia di esprimersi stando nel mondo, di relazionarsi e incontrare le cose del mondo; e in questa descrizione, la poesia non si discosta dal corpo. La scrittura è fatta di carne, la parola è carne, il linguaggio è corpo. La parola che arriva dal corpo, parla in relazione ad esso per poi incontrare altri corpi e altri pensieri. Il linguaggio va plasmato, è creta da plasmare in questa continua relazione con la parola, con la sua musicalità, con il silenzio, con le emozioni che provoca e che raggiungono gli altri. Anche in questo dialogo siamo corpo, la parola arriva dal mio corpo, si tramuta nel tuo corpo, ti crea emozioni e queste emozioni vengono poi ritrasferite a me».

Una continua circolarità di suono e silenzio, movimento, emozione e creazione. L’ispirazione smuove l’anima, ma inevitabilmente si utilizza la testa, il cervello, il corpo che poi scrive. Un’affascinante ritorno di entità collegate che viaggiano insieme: mente, corpo e spirito. La poesia è diventata una forma di cura e soprattutto di ricerca nel comprendere anche tutto quello che è trascendenza, spiritualità nella vita di tutti i giorni. Attraverso il corpo prende forma la poesia che è una chiave per avvicinarci ad una dimensione spirituale e sacra. «Quando scrivo avverto una sensazione, arriva questo momento inatteso, usando le parole di Pasolini, che mi conduce in dimensioni e situazioni che nella normalità non potrei comprendere. Così la poesia diventa una forma di traduzione della vita».

Dopo la prima pubblicazione a diciotto anni, arriva un lungo silenzio ventennale. In questo periodo di silenzio, Paola Bonadies ha ricercato cose materiali e concrete «ricerca di equilibrio. Sentire il mondo e le emozioni non è una cosa da poco, nello stare empaticamente in realtà che non conosciamo. Quel turbamento fa paura. Ma le incognite della vita vanno accolte ed io a poco a poco le ho accettate e le traduco con i versi».

Costantemente in relazione con i corpi degli altri e con i loro dolori, la poetessa ha sviluppato quell’empatia che le ha permesso di scavarsi dentro per rimettere verbo, pronuncia, voce e silenzio e ricondurla alla parola. Inizia a scrivere in modo viscerale. Passo successivo è quello con l’editore Bonifacio Vincenzi, con il quale pubblica “Siamo già stati dentro questa carezza”, la carezza iniziatica che mette in relazione con la vita al momento della nascita, ma che è anche quella che sfiora prima della morte.

Al Festival della Poesia tenuto a Cosenza, Paola Bonadies non passa inosservata ad Arnaldo Colasanti, noto critico letterario, il quale ha già avuto modo di leggere dei suoi inediti ed è tutt’oggi in contatto con lei. Il prossimo progetto ha un approccio performativo, unendo l’identità del corpo della poetessa a quella della parola. Piccole performances e iconografie fotografiche che contestualizzano la parola, il luogo ed il corpo, per dar modo a chi legge di intraprendere un viaggio evocativo. Amore, trascendenza, vita e morte sono le parole chiave della poesia di Paola Bonadies. La ricerca del corpo che costantemente ha la necessità di divenire voce, all’interno di una relazione simbiotica con la natura che rende sacro tutto ciò che la circonda.