Truffe online nel mirino della procura di Cosenza che nella mattinata di oggi ha eseguito un’ordinanza cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Cosenza, Manuela Gallo. Due persone sono finite in carcere e due agli arresti domiciliari. Si tratta rispettivamente di Luca Meringolo (difeso dall’avvocato Angelo Romano), 33 anni, e Vincenzo Naccarato (difeso dall’avvocato Rosangela Polizzo), 35 anni, e Mario Meringolo, 35 anni, e Simona Rago, 26 anni, tutti residenti a Bisignano. Secondo la procura di Cosenza, diretta dal procuratore capo Mario Spagnuolo, i quattro avrebbero costituito una presunta associazione per delinquere finalizzata alla truffa online, promettendo di vendere sul sito subito.it oggetti di qualsiasi tipo. Dopo aver incassato i soldi, gli indagati non avrebbero mai inviato il materiale ai vari acquirenti, sparsi in tutta Italia.

Truffe online, i ruoli della presunta associazione per delinquere

Il fondatore di questo presunto gruppo criminale sarebbe Luca Meringolo che «pur non essendo formalmente investito di alcuna competenza in materia né risultando intestatario di alcuno degli strumenti informatici e telematici utilizzati per perpetrare le truffe, si occupava nel dettaglio di tutte le questioni relative all’inserimento online degli annunci» oltre ad intrattenere «personalmente le trattative con le ignare vittime e procedeva al prelievo delle somme accreditate dalle persone offese». Gli altri indagati, invece, avrebbero assunto il ruolo di partecipe della presunta compagine delinquenziale. 

I carabinieri di Bisognano e la polizia postale, che hanno eseguito l’ordinanza del gip del tribunale di Cosenza, hanno accertato che in un caso Naccarato avrebbe messo in vendita un pezzo di ricambio di una Fiat Uno, acquistato da un uomo residente in provincia di Asti. Stessa cosa quando l’oggetto della vendita era riferita a una pressa oleodinamica, mai arrivata alla persona offesa. Il gip Manuela Gallo, infine, ha disposto il sequestro preventivo degli strumenti informatici e telematici, nella disponibilità della presunta associazione per delinquere. Si tratta di personal computer, tablet, telefoni, chiavette Usb, sim card e postepay.

Tutti gli indagati erano ben consapevoli delle modalità operative e delle finalità illecite del gruppo stesso condividendone gli scopi ed i metodi comuni. Un disegno criminoso architettato nei minimi dettagli per soddisfare le esigenze economiche di tutti gli appartenenti, tre dei quali, tra l’altro, percepivano il “reddito di cittadinanza”, motivo per il quale sono state informate le autorità competenti per la revoca del citato beneficio.