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Tredici unità immobiliari, un appezzamento di terreno e una ditta individuale per un valore stimato di circa 2,7 milioni di euro sono stati sequestrati dai militari del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (I.C.O.) e dai finanzieri del comando provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro. Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale di Catanzaro – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia guidata dalla Procura del capoluogo calabrese.
Il destinatario del sequestro è un uomo già coinvolto nel procedimento penale “Jonny”, maxi-inchiesta che ha colpito la potente organizzazione mafiosa Arena, attiva nel territorio di Isola Capo Rizzuto (Crotone) tra il 2002 e il 2019.
Indagini patrimoniali e redditi non giustificati
Secondo quanto emerso dalle indagini economico-patrimoniali, coordinate dalla DDA di Catanzaro, vi sarebbe una sproporzione evidente tra i beni posseduti dall’uomo e i redditi formalmente dichiarati, nonché la sua attività lavorativa. Gli elementi raccolti hanno convinto i giudici della sussistenza dei presupposti per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, finalizzata a colpire le ricchezze riconducibili alla criminalità organizzata.

Il sequestro rientra in un più ampio piano di aggressione ai patrimoni illeciti del clan Arena. Già in precedenza, accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza avevano portato al sequestro di ulteriori beni per circa 2 milioni di euro nei confronti di altri soggetti coinvolti nella medesima indagine.
L’inchiesta Jonny: intrecci mafiosi e interessi economici
L’operazione “Jonny” ha svelato una fitta rete criminale che, secondo gli inquirenti, gestiva in maniera capillare attività illecite come estorsioni, controllo di appalti, infiltrazioni nei servizi di accoglienza dei migranti e narcotraffico. Il clan Arena, in particolare, era riuscito a inserirsi in settori strategici del territorio crotonese, sfruttando anche imprese fittizie e intestazioni di comodo per eludere controlli e accrescere il proprio potere economico.
Il sequestro odierno si colloca nel solco delle iniziative adottate dalla DDA di Catanzaro per colpire i patrimoni riconducibili alle organizzazioni mafiose, in attuazione del principio per cui “seguire il denaro” è essenziale per disarticolare i clan sul piano operativo e strutturale.