Non ci fu alcun favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È questa la conclusione a cui è giunto il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Salerno che, accogliendo le tesi difensive, ha prosciolto due imputati originari della provincia di Cosenza. Si tratta di Antonio Miniaci e Raffaele D’Elia, entrambi coinvolti in una complessa indagine avviata dalla Direzione distrettuale antimafia salernitana, guidata dal procuratore capo Giuseppe Borrelli, che aveva esteso le sue investigazioni anche nel Cosentino.

Secondo la ricostruzione iniziale della procura antimafia, Miniaci avrebbe agito come intermediario tra l’organizzazione criminale e cittadini extracomunitari intenzionati a ottenere un titolo valido per l’ingresso in Italia. In particolare, avrebbe raccolto passaporti e dati anagrafici poi trasmessi a un altro indagato, Decimo Viola, per predisporre domande di nulla osta da inviare alle Prefetture. Con lui risultavano coinvolti anche altri soggetti, tra cui Khalid Zouine, Mustapha Nadi e Abderrahim Bensabah.

Quanto a Raffaele D’Elia, consulente di fiducia dello stesso Viola, l’accusa lo riteneva parte attiva nel fornire supporto operativo al gruppo, suggerendo come strutturare la documentazione necessaria — visure camerali, contratti fittizi, disponibilità di terreni — per simulare l’esistenza di condizioni idonee al rilascio del nulla osta per lavoratori stranieri.

Tuttavia, all’esito della fase preliminare, il gup ha ritenuto infondate le ipotesi accusatorie a carico dei due cosentini, dichiarando il non luogo a procedere. Una decisione che sconfessa l’impianto accusatorio nei loro confronti e riconosce l’assenza di condotte penalmente rilevanti nell’ambito del presunto sistema fraudolento per il rilascio di permessi di soggiorno.

La sentenza conferma che né Miniaci né D’Elia hanno materialmente favorito l’ingresso illegale di cittadini extracomunitari nel territorio italiano, sgravandoli da un procedimento penale che li ha visti coinvolti fin dalle prime fasi dell’inchiesta.