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Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede e il procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Salvi hanno chiesto il trasferimento d’ufficio del procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini. La richiesta si basa sul fatto che il magistrato di Lapedona ha criticato l’operato della procura di Catanzaro, coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri. L’intervista incriminata è quella rilasciata a TgCom24, nella quale l’ex pm che indagò sulla “Banda della Magliana” affermava come le inchieste della procura del capoluogo di Catanzaro si concludessero in modo evanescente.
Ma Otello Lupacchini ha detto una cosa nuova? Assolutamente no. Il procuratore generale di Catanzaro, infatti, nel corso della cerimonia inaugurale del precedente anno giudiziario aveva snocciolato alcuni dati che dimostravano come la Corte d’Appello di Catanzaro avesse tra i numeri più alti di risarcimenti per ingiuste detenzioni, causate dalla carcerazione preventiva che in molti casi sembrava sproporzionata rispetto ai fatti contestati ai singoli indagati.
Lo scontro tra Lupacchini e Introcaso
E’ il 26 gennaio del 2019, quando l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Distretto di Catanzaro si trasforma in uno scontro tra il procuratore generale Otello Lupacchini e il presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, Domenico Introcaso. Nello specifico, il capo della magistratura requirente del Distretto giudiziario di Catanzaro aveva dichiarato che «la Corte d’Appello di Catanzaro per il sesto anno di fila si conferma nei primi tre posti, con 158 persone che, nel 2017» ma per fatti riferiti al quadriennio 2010-2014 «hanno subito una ingiusta detenzione». A seguire Roma e Napoli, rispettivamente con 137 e 113.
Mentre, sulla base dei dati in possesso di Lupacchini, «Catanzaro e Roma sono le città in cui lo Stato italiano ha speso di più in risarcimenti liquidati alle vittime di ingiusta detenzione» spendendo «la cifra monstre di circa 8 milioni e 900 mila euro». Per Lupacchini, quindi, si trattava «di una inadeguata ponderazione degli elementi di prova sia da parte di chi chiede l’applicazione della misura, sia da parte di chi la misura dispone».
Lupacchini, inoltre, aveva affrontato la questione dell’appiattimento «del giudicante sulle richieste non adeguatamente ponderate del requirente, in una inquietante cortocircuitazione» che secondo il procuratore generale di Catanzaro «si risolve in una palese violazione sia della terzietà del giudice, sia della parità delle armi tra accusa e difesa». Introcaso, invece, aveva cercato di correggere il tiro, in merito all’appiattimento citato da Lupacchini, come «un fenomeno esecrabile» ma «il “corto circuito” non può essere limitato e contenuto al rapporto gip-Procura», quanto «a tutta la dinamica propria del processo cautelare».
La domanda che bisogna porsi oggi è la seguente: che differenza c’è tra queste dichiarazioni risalenti a gennaio del 2019 rispetto a quelle rilasciate da Otello Lupacchini circa un mese fa al telegiornale di Mediaset? Quasi nessuna, se non fosse che il procuratore generale di Catanzaro ha risposto in modo ampio a una domanda sull’operazione “Rinascita Scott”, che ha fatto clamore per il numero elevatissimo di arresti ordinati dal gip distrettuale di Catanzaro. Ad oggi, tuttavia, il Riesame di Catanzaro ha modificato la misura cautelare nei confronti di quasi 120 indagati, rimettendo in libertà – anche su decisione dello stesso gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare – quasi 70 persone, tra cui soggetti indagati per associazione mafiosa o reati-fine aggravati dal metodo mafioso.
Tutti a Potenza
Vien da dire che tutti i magistrati del Distretto di Catanzaro, qualora commettessero reati e fossero aperti nei loro confronti procedimenti disciplinari da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, rischiano di finire al tribunale di Potenza con le funzioni di giudice civile. Finora, è successo così per Eugenio Facciolla e Vincenzo Luberto, rispettivamente ex capo della procura di Castrovillari ed ex procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro.
Il caso vuole, o meglio la geografia giurisdizionale, che i magistrati in servizio presso il Distretto giudiziario di Potenza, siano “osservati” dalla procura di Catanzaro che, come sappiamo tutti, è guidata da Nicola Gratteri. Lo prevede, per tutti i casi ovviamente, l’articolo 11 del codice di procedura penale. Quindi, il magistrato di Gerace, che ha inviato gli atti alla procura di Salerno sia per Facciolla che per Luberto, terrà “sott’occhio” i due magistrati di Cosenza. Gli scherzi del destino, insomma.
Dal caso Lupacchini alle procure “attenzionate”
Nel pomeriggio, l’avvocato Ivano Iai del foro di Sassari ha inviato una nota per conto del procuratore Otello Lupacchini che difende nel procedimento avviato dal Consiglio Superiore della Magistratura. Nel comunicato stampa si fa riferimento ad alcuni esposti presentati a suo tempo dal procuratore generale di Catanzaro «relativi alle criticità riscontrate anche in materia di coordinamento e collegamento tra procure». Quali sono quindi le procure “attenzionate” da Otello Lupacchini? Non c’è solo quella di Catanzaro, ma probabilmente anche quella di Cosenza.
Ciò che contesta Otello Lupacchini è il mancato coordinamento tra la procura di Catanzaro e la procura generale, soprattutto quando si tratta di portare avanti indagini in materia antimafia. Aspetto che sarebbe previsto dalle norme che regolano i rapporti tra le varie procure. Anche perché, come ogni procuratore capo deve valutare ogni singolo pubblico ministero, lo stesso deve fare un procuratore generale sui rispettivi procuratori che coordinano gli uffici inquirenti, come nel caso di quelli inseriti nel Distretto giudiziario di Catanzaro.
La nuova nota del legale di Lupacchini
In serata, l’avvocato Iai è intervenuto nuovamente sul caso Lupacchini, affermando di avere «timore per la tenuta del sistema e la garanzia della separazione tra poteri dello Stato. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha attivato una richiesta di misura cautelare nei confronti del Procuratore Generale Otello Lupacchini all’indomani della manifestazione pubblica di vicinanza del ministro degli Esteri, che ne è anche il capo politico, al procuratore della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri».
«Sarebbe stata opportuna più cautela da parte del ministro degli Esteri», Luigi Di Maio «peraltro privo di funzioni in materia di giustizia, perché esprimere e anticipare pubblicamente valutazioni in favore di un magistrato con funzioni direttive e a capo di una Procura distrettuale, potrebbe sortire, per chi riveste importanti ruoli di Governo, condizionamenti con effetti non prevedibili con riferimento al principio dell’imparzialità ex art. 97 della Costituzione».