La gestione allenatori del Presidente del Cosenza. Da Patania a Gagliardi passando per Roselli e Braglia. L’ultimo è stato quello in cui ha riposto più fiducia.

Dieci allenatori in dieci anni: la mancanza di continuità nell’era Guarascio si riflette anche in questo dato. Nel decennio di gestione dell’attuale patron rossoblù sono finiti nel tritacarne altrettanti tecnici, quasi tutti costretti a lavorare sul breve periodo. Poche le eccezioni, pochi i meriti riconosciuti.

SERIE D, TRE PER DUE – Ad aprire l’era Guarascio fu Enzo Patania, chiamato dal nuovo presidente sulla panchina del “Marulla” per provare un’immediata risalita nel calcio professionistico. A seguito della sconfitta nella prima di ritorno contro la Nuvla San Felice, a Nola, Patania venne esonerato e il suo posto preso da Tommaso Napoli, che condusse la squadra al secondo posto (alle spalle dell’HinterReggio) e vinse i playoff Nazionali. La richiesta di ripescaggio non sortì però gli effetti sperati e il patron decise di cambiare di nuovo, affidando la guida della squadra a Gianluca Gagliardi. Altra medaglia d’argento, playoff persi ai rigori contro la Casertana ma stavolta il ripescaggio arrivò: Cosenza in Lega Pro Seconda Divisione.

CAPPELLACCI, UN ANNO E POI… – Per il ritorno fra i professionisti Guarascio cambiò tanto: fuori Stefano Fiore, dentro Ciccio Marino e Gigi Condò; fuori Gagliardi, dentro Roberto Cappellacci, al quale venne sottoposto un contratto annuale. Il tecnico abruzzese guidò senza problemi i Lupi all’ammissione in Serie C unica al termine del campionato del centenario e il numero uno di via degli Stadi gli rinnovò il contratto, facendogli firmare un biennale prima ancora di assumere il nuovo ds, che sarebbe stato Mauro Meluso. In Serie C non andò però altrettanto bene: Cappellacci venne esonerato dopo poche partite e al suo posto arrivò Giorgio Roselli. Per lui contratto fino al termine del campionato, poi rinnovo (anche qui, biennale) mentre a Meluso venne concesso un prolungamento di un solo anno.

DA ROSELLI A FONTANA – Roselli riuscì a portare i rossoblù alle porte dei playoff nel 2015/’16. In quell’estate si consumò l’addio di Meluso e l’arrivo di Cerri, me la situazione precipitò quasi subito: a seguito dell’1-1 sotto Natale contro il Catanzaro, l’allenatore venne esonerato e la guida tecnica fu affidata al suo secondo, Stefano De Angelis, che arrivò fino alle porte delle Final Four venendo eliminato dal Pordenone. Nonostante il popolo bruzio chiedesse la riconferma dell’ex terzino, il patron decise di rifondare per l’ennesima volta: dentro Stefano Trinchera, nuovo ds, e come tecnico arrivò Gaetano Fontana. 

BRAGLIA, L’HIGHLANDER – Con l’ex Juve Stabia le cose andarono male sin da subito: fuori in Coppa Italia, penultimo posto in classifica e zero vittorie in cinque gare. Galeotto fu il 4-2 rimediato a Siracusa. Il lunedì arrivò l’ufficialità dell’addio, ma la scelta di prendere Piero Braglia fu presa soltanto il giovedì pomeriggio. Il venerdì rifinitura, il sabato sera sfida al Catania persa 0-1. Eppure Braglia fu l’uomo dei playoff e del ritorno in Serie B e resistette sulla panchina per oltre due anni, più di qualunque suo predecessore. Piccola curiosità: tutti i contratti del maremmano furono annuali.

I TRE ALLENATORI E OCCHIUZZI – Lo strappo con Braglia avvenne dopo cinque sconfitte consecutive, terminate con lo 0-1 patito dall’armata Benevento. Arrivò Pillon, che fu una meteora capace di collezionare appena quattro punti su quindici a disposizione. Poi la pandemia, le dimissioni del veneto e la promozione di Roberto Occhiuzzi, la salvezza post-lockdown e la scelta di firmare un triennale con The Prince, lasciando il ds Trinchera al palo.