Il primo appello lo avevano lanciato pochi giorni fa. Inutilmente. Oggi cento sindaci della provincia di Cosenza tornano a chiedere un intervento di forza al Governo per provare ad arginare il pericolo di nuovi contagi che il rientro incontrollato di persone dal Nord Italia continua ad aumentare. La lettera dei primi cittadini, questa volta, è indirizzata al ministro dell’Interno, a quello della Difesa, a Jole Santelli, al prefetto di Cosenza e alla Protezione civile nazionale. E la richiesta è ancora più precisa e netta della precedente: per fermare il controesodo verso Sud lo Stato deve immedatamente impiegare l’esercito.

I sindaci ricordano come nei giorni scorsi si siano prodigati nell’emanare ordinanze nel tentativo di limitare i rischi per la popolazione. Ma gli atti servono a poco quando i Comuni possono soltanto contare «su pochissime unità idonee a garantire l’esecutività di quanto prescritto». Gli agenti della polizia municipale disponibili – si legge nella lettera – «sono del tutto insufficienti a compiere le necessarie azioni di controllo, contenimento e repressione». E una situazione di questo genere, senza interventi tempestivi da parte del Governo, potrebbe «trasformarsi in una vera e propria catastrofe». I sindaci lamentano l’assenza «di un’unica e indispensabile cabina di regia prefettizia e/o regionale». Servirebbero direttive univoche, dunque. Ma sarebbe necessario, soprattutto, che qualcuno fornisse i mezzi necessari per dare concreta attuazione alle disposizioni date in ogni Comune.

Da qui la richiesta unanime degli amministratori locali ai destinatari dell’appello: disporre «l’immediato dispiegamento sul territorio dell’esercito e delle risorse disponibili delle altre forze armate». In caso contrario, ordinanze e altri atti resterebbero, a loro avviso, fogli di carta utili solo «a chi, in futuro, avrà necessità di informarsi su come in Calabria nel 2020, si diffuse un virus letale capace di provocare innumerevoli vittime».