Ana Zahirovic, una nomade croata di 31 anni, ha fatto parlare di sé per i suoi numerosi furti e borseggi in Italia, con una lista di reati che conta ben 149 episodi. Nonostante la gravità dei suoi crimini, la donna è riuscita a evitare il carcere grazie a una situazione familiare particolare. Attualmente, il suo decimo figlio ha solo tre mesi, il che le ha permesso di ottenere la scarcerazione.

Una vita segnata dai furti

La storia di Ana Zahirovic è lunga e costellata di furti, principalmente a Milano, Roma e Brescia. Negli ultimi anni, si è stabilita a Roma, dove risiede dal 2015 nel campo nomadi di Castel Romano, lungo la Pontina. Le sue attività criminali non si sono mai fermate, e l’ultimo scippo risale a pochi giorni fa, dietro il Pantheon, in via del Seminario. Anche in quel caso, la vittima è stata un turista, una delle tante prede di Zahirovic.

Le forze dell’ordine hanno lavorato senza sosta per contrastare il fenomeno dei furti metropolitani, che a Roma è diventato una vera emergenza. Il governo italiano sta addirittura valutando la creazione di una forza di polizia dedicata a combattere queste bande, che operano principalmente nelle stazioni della metropolitana, cercando di rubare ai turisti.

La nuova scarcerazione

Il 6 agosto, i carabinieri della stazione di Tor de’ Cenci hanno eseguito l’arresto di Ana Zahirovic, dopo aver ricevuto l’ordine di carcerazione dal tribunale di Roma. La donna avrebbe dovuto scontare una pena cumulativa di 30 anni in carcere per i suoi crimini. Tuttavia, il 12 agosto, Zahirovic è stata rilasciata. Il suo avvocato, subito dopo l’arresto, aveva presentato un’istanza di scarcerazione, basata sulla giovane età del suo ultimo figlio, nato a maggio.

La legge italiana prevede che le madri con figli molto piccoli possano beneficiare di misure alternative alla detenzione, per garantire il benessere dei minori. Questa possibilità ha permesso a Zahirovic di tornare nella sua roulotte a Castel Romano e, probabilmente, di riprendere l’obbligo di firma in caserma.

Cosa pensa la politica delle donne incinte che fanno le borseggiatrici

Simonetta Matone, deputata della Lega ed ex magistrato, sostiene la necessità di istituire centri di custodia attenuata per madri coinvolte in crimini. «Non si deve ricorrere al carcere nei casi di donne incinte» afferma Matone, specificando però che «il certificato penale va sempre considerato».

Matone insiste sull’importanza di valutare ogni situazione individualmente: «Un bambino non può diventare un salvacondotto per commettere reati». Racconta di aver incontrato «bambini con madri accusate di spaccio internazionale di stupefacenti» e si chiede: «Lasciamo libere queste donne?».

Propone quindi istituti ad hoc e sottolinea: «La politica deve affrontare il problema in modo serio, senza ignorare la realtà. Altrimenti si fa solo della carità pelosa, girandosi dall’altra parte».