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La Corte di Assise di Appello di Roma ha emesso la sentenza d’appello bis per Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, condannandoli rispettivamente a 15 anni e due mesi, e 11 anni e quattro mesi di reclusione. I due americani sono stati accusati dell’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso a coltellate a Roma nel luglio del 2019.
Durante il processo d’Appello Bis, dopo il rinvio dalla Cassazione, la Procura generale di Roma aveva richiesto una condanna di 23 anni e nove mesi per Elder e 23 anni per Hjorth. Alla lettura della sentenza erano presenti i due americani e Rosa Maria Esilio, vedova del vicebrigadiere Cerciello Rega.
Parla il legale della famiglia di Cerciello Rega
Il professor Franco Coppi, legale della vedova di Mario Cerciello Rega, ha commentato: «A noi interessava una affermazione di responsabilità per entrambi. Non abbiamo mai fatto questioni di pena. La Corte ha riconosciuto la responsabilità sia dell’uno che dell’altro, anche se per Natale con un titolo di reato diverso. Questo era quello che a noi parti civili interessava». Ha poi aggiunto: «Certamente rispetto alla gravità del fatto è una sentenza indubbiamente generosa, ma noi non eravamo interessati alla entità della condanna. Eravamo interessati al fatto che venisse riconosciuta la responsabilità di entrambi».
Difesa Hjorth: «Pena dimezzata, siamo soddisfatti»
L’avvocato Francesco Petrelli, difensore di Gabriel Natale Hjorth, ha espresso soddisfazione: «Si tratta di un ridimensionamento assai importante in termini di pena, dimezzata. Siamo passati da 22 anni a 11 anni ed è per noi una soddisfazione. C’è stato un ridimensionamento soprattutto sotto il profilo della responsabilità perché il riconoscimento del concorso anomalo significa sostanzialmente passare dal dolo alla colpa». Petrelli ha inoltre dichiarato che «leggeremo le motivazioni ma sicuramente ricorreremo in Cassazione».
Difensore Elder: «Stressato, ma sa che è sentenza più giusta»
L’avvocato Renato Borzone, difensore di Finnegan Lee Elder, ha riportato le parole del suo assistito: «Elder dopo la sentenza mi ha detto che era terribilmente stressato ma si rende conto che una pena la meritava e che la sentenza è più giusta delle precedenti». Borzone ha commentato: «Noi poche ore dopo aver parlato con Finnegan avevamo messo le nostre facce per spiegare come lui non si fosse mai reso conto di trovarsi davanti a degli agenti della forza pubblica. Ci sono voluti cinque anni, finalmente abbiamo una corte che potrà dormire tranquilla perché in coscienza ha preso una decisione giusta. Era importante dare conferma all’opinione pubblica anche internazionale che in Italia ci sono anche magistrati che sono attenti al recupero dei detenuti».
Padre Elder: «Non aveva capito che erano carabinieri»
Ethan Elder, padre di Finnegan, ha ricordato: «Non c’è stato giorno in questi cinque anni di carcere che non abbiamo pensato a quello che è successo. Non bisogna dimenticare che questo processo è collegato alla tragedia della morte di una persona, al lutto della sua famiglia e anche di tutti noi». Ha poi aggiunto: «Abbiamo comunque ritenuto giusto continuare a cercare di fare emergere la verità dei fatti per essere in qualche modo d’aiuto per Finnegan: mio figlio, fin dal primo momento, ha dichiarato che non aveva capito che erano carabinieri e di aver reagito ad un tentativo di bloccaggio. Ma non riusciva a darsi pace perché nessuno gli credeva. Mi auguro che, pur pagando per l’errore commesso, si apra per lui anche una speranza di vita per il futuro».