Riceviamo e pubblichiamo la nota degli avvocati Gianluca Garritano e Teresa Gallucci, avvocati di Rosa Vespa e Moses Omogo, in merito alla nota inviata dall’avvocata Chiara Penna, rappresentante della famiglia Cavoto.

«Abbiamo appreso dai media locali le dichiarazioni rilasciate dai colleghi che assistono le parti offese nel procedimento penale nei confronti di Rosa Vespa e Moses Omogo. È nostro costume non rilasciare dichiarazioni che attengano al merito del procedimento, perché convinti che i processi si debbano svolgere nelle aule dei Tribunali e non sui giornali e sui social. La sacralità dell’aula di giustizia non può e non deve essere sostituita dai processi mediatici. Ci teniamo, però, a precisare alcune circostanze e spiegare le ragioni di determinate scelte difensive e processuali»

«Il G.i.p. di Cosenza, su istanza difensiva e con parere favorevole del Pubblico Ministero procedente, ha ritenuto l’insussistenza, allo stato attuale, di esigenze cautelari tali da giustificare la custodia cautelare in carcere. La misura oggi applicata, arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico (appena sarà disponibile), è stata ritenuta assolutamente sufficiente a garantire un eventuale pericolo di reiterazione del reato».

Rosa Vespa scarcerata, gli avvocati: «Comportamento inaccettabile»

«Gridare allo scandalo per la modifica di una misura cautelare in carcere con altra misura meno afflittiva, ma sempre fortemente limitativa della libertà personale, è accettabile da haters dei social e non da chi esercita la professione forense. Inoltre, si continua, con l’uso dei media, ad insinuare dubbi sull’eventuale responsabilità anche dei familiari della Rosa Vespa. Le convinzioni personali, è risaputo, non possono mai entrare nella valutazione della prova penale da parte di un Giudice».

«Gli atti processuali smentiscono categoricamente qualsiasi partecipazione di altri soggetti nel reato contestato. Infine, per quanto attiene alla richiesta, respinta dall’imputata, di sottoporsi ad una visita da parte dei consulenti nominati dai colleghi di controparte, rappresentiamo che è stata una scelta difensiva dettata da valutazioni che verranno affrontate esclusivamente nelle sedi opportune e, in ogni caso, tali scelte non possono rappresentare spunto di conclusioni medico-psichiatriche, perché, se così fosse, gli accertamenti tecnici non assolverebbero la loro funzione».

«Ci auguriamo che le future questioni di natura tecnica-processuale vengano affrontate nelle aule dei Tribunali, atteso che, per come recentemente ribadito dalla Camera Penale di Cosenza, la Giustizia è “In nome del Popolo” e non “Giustizia del Popolo”»