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Ore 16, Piazza dei Bruzi. Un’intera città sarà col fiato sospeso per conoscere la verità. L’incontro fra il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, e il presidente della squadra cittadina, Eugenio Guarascio, definirà tanto del futuro rossoblù. Il Cosenza Calcio è ultimissimo, a sette punti di distanza dai playout. Un’eternità. Nell’ultima puntata di “11 in campo”, il primo cittadino è stato ben chiaro: «Guarascio o investe o deve passare la mano». Una dichiarazione che non ha mezze misure. Certo, ci sarebbe da chiedersi perché gli interventi istituzionali non siano arrivati prima, ma tutti insieme a ventiquattr’ore dalla chiusura del calciomercato, quando ormai tutto era fatto. Guarascio avrebbe dovuto rendere conto a Caruso anche di altre cose. Parole dello stesso sindaco, sempre di lunedì sera. «Quando ad esempio gli ho chiesto di abbassare il costo dei biglietti contro il Cittadella e lui ha risposto col “porta un amico”». Il dado sembra ormai tratto per una retrocessione tristemente annunciata. E allora oggi a cosa serve?
Incontro Guarascio Caruso, cui prodest?
Dall’incontro di oggi non devono uscire le ennesime promesse vacue già fatte tempo addietro dal numero uno di via degli Stadi. «Investiremo», «progetto biennale» (e poi il dg va via a Natale), «ci ridaranno i quattro punti» (e poi ricorso perso anche al CONI). Oggi servono i fatti. È già troppo tardi, ma non di mesi. È troppo tardi di almeno quattro o cinque anni. Dalla retrocessione del 2021, mai certificata sugli almanacchi grazie al fallimento del Chievo Verona che ha riportato in B i Lupi. Già all’epoca ci fu un incontro con l’allora sindaco, oggi senatore, Mario Occhiuto. Causa Covid arrivò soltanto a fine anno e Guarascio si dichiarò disponibile a cedere. Arrivarono due offerte, Di Donna e iGreco, ma poi il proprietario di Ecologia Oggi decise di restare proprio perché aveva subodorato la possibilità di riammissione. Questo a maggio. Ciò non tolse un mercato immobile fino ad agosto. Quattro, cinque anni in ritardo. Ora servono risposte e fatti concreti. Non le ennesime parole vuote. Fra le quali, ricordiamo, non è mai stata annoverata la più importante: «Scusate».