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Nell’agosto del 2020, dopo l’assurda salvezza ottenuta dal Cosenza Calcio contro la Juve Stabia, Andrea Marotta su queste colonne scriveva un pezzo dal titolo esplicativo: «Non permettetevi più». Il titolo si rifaceva a una frase di Benito Scola, storico tifoso dei Lupi, immortalata dalle telecamere delle allora tv locali. Una frase netta, distaccata ma passionale, all’indomani dello spareggio salvezza contro la Salernitana di Pescara. «Voi non vi dovete permettere più a farci soffrire in questo modo», chiosò all’allora dirigente Salvatore Perugini. Semplice, precisa. L’ottimo Andrea Marotta la riproponeva, a distanza di vent’anni, rivolta al patron Guarascio. Certo, la gioia della salvezza del 2020 è stata enorme. Ma l’anno dopo ci fu la retrocessione, annullata dal fallimento del Chievo. Due playout consecutivi, uno dei quali ci ha consegnato la salvezza al 94′ del match di ritorno. E adesso un altro ultimo posto. L’appello accorato di Andrea, che in quel momento rappresentava tutti i tifosi, è caduto nel vuoto. E nel ghigno di un proprietario che non si rassegna all’essere sempre più un uomo solo al comando di una barca vuota.
Cosenza Calcio, Guarascio e l’impossibilità di ammettere gli errori
Non che la cosa stupisca, ecco. Stiamo comunque parlando di una persona che, all’indomani della riammissione in Serie B grazie a un’inutile gol di Jallow nel recupero di un altrettanto inutile Vicenza-Reggiana, invece di ammettere i propri errori se ne uscì con un comunicato abbastanza sui generis. «Lo scenario che si apre oggi per il Cosenza Calcio è il risultato di una gestione societaria decennale improntata sui principi di legalità, trasparenza e sul rispetto delle norme e dell’equilibrio economico». Una nota che oggi fa ridere e arrabbiare allo stesso tempo. Dove sono quei principi di legalità e trasparenza, sconfessati dal meno quattro che condanna i Lupi all’ultimo posto? Forse nascosti sotto un tappeto che polvere non riesce più a tenere. Ma il presidente Guarascio ha continuato fino all’ultimo a illudersi. «Ci ridaranno i quattro punti, vedrete», diceva agli sponsor lo scorso 20 dicembre. Il terzo grado di giudizio è arrivato, il Cosenza Calcio è ancora ultimo e i quattro punti non ci sono. E allora? Silenzio stampa, come nelle migliori tradizioni. Non sia mai avere un confronto diretto coi giornalisti sulle proprie responsabilità.
Per questa società non c’è alcuna via d’uscita
Adesso si ributterà tutto nel calderone. Si parlerà di tecnico inadeguato e ds che ha costruito una squadra ridotta all’osso. La verità è che Alvini è andato in confusione, certo, ma finché l’ambiente è stato sereno ha potuto marciare con la sua squadra. Gennaro Delvecchio, in fase di mercato, ha fatto ciò che ha potuto. Dopo il derby, qualcosa si è rotto. Ancora una volta, di chi è la responsabilità? Di chi ha provato a lucrare sulla passione di un’intera piazza con la scelta di alzare i prezzi per poi fare marcia indietro. La protesta di ieri al “Marulla” è la più dura che ci sia mai stata dai tempi di Pagliuso. Tempi che risalgono a vent’anni fa.
Cosenza Calcio, se il capitano abbandona la nave
Eugenio Guarascio ha lasciato la tribuna autorità prima del 90′ scortato dagli steward. Ha lasciato una barca vuota che affondava prima che il triplice fischio potesse certificarne, nei fatti, la morte. E se fosse entrato il tiro di Fumagalli? O se l’arbitro avesse concesso il rigore di Mazzocchi? Cosa avrebbe fatto, il presidente? Sarebbe rientrato? Si sarebbe messo a sfidare i tifosi, sguardo fiero e mento all’insù? Non lo sapremo mai, perché il VAR non ha dato penalty e Maniero ha detto no al numero 10. Ma anche se fosse stato, non sarebbe bastato. Perché le menzogne («ci ridaranno i quattro punti» è stato già detto?) e le delusioni (cinque stagioni su sette da ultimi in classifica) sono troppe. «Non permettetevi più», il monito di Benito Scola, venne ascoltato dalla dirigenza di allora. Presidente Guarascio, impari dal passato.