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Nel 1993 uscì nelle sale “Groundhog day”, titolo italiano “Ricomincio da capo” (un po’ troppo didascalico), traduzione letterale “Il giorno della marmotta”. È la storia di un uomo bloccato in un loop temporale. Lo stesso giorno che si ripete ogni volta che suona la sveglia. Ecco, è in buona sostanza quello che succede ai tifosi del Cosenza Calcio ogni volta che guardano i calendari di Serie B. «Tanto – ci si dice – anche quest’anno ci sarà da soffrire». E il refrain è in effetti sempre uguale. Partenza pulita, crollo invernale, Natale all’ultimo posto, speranze al lumicino, esonero allenatore, finale in crescendo. Essendo a fine gennaio, siamo più o meno dalle parti dell’esonero. E infatti, dopo il k.o. di sabato a Cremona, Massimiliano Alvini è finito sulla graticola. Due punti nelle ultime sette sono un magro bottino, specialmente per come sono stati persi, regalati agli avversari. La piazza ha espresso nei commenti delle testate online (perché quelli della pagina Facebook del Cosenza Calcio sono ancora chiusi) il proprio appoggio al tecnico. Che sicuramente non è esente da colpe, intendiamoci. Ma fra colpe e responsabilità ci passa un abisso. E questa storia ha colpevoli, certo. Ma un solo responsabile. Il cui nome è ben noto.
Cosenza Calcio, se la storia non insegna niente
C’è un modo di dire calabrese che riassume perfettamente la situazione. Ripulito direttamente dal dialetto, “neanche l’asino cade due volte nello stesso punto”. Si usa per rimproverare una persona che commette costantemente gli stessi errori. Ecco, verrebbe da dire che il presidente del Cosenza Calcio, Eugenio Guarascio, ha battuto ogni sorta di record. Se in sette campionati di Serie B si ripetono sempre e costantemente le stesse cose, un motivo ci sarà. Anche il primo anno con Piero Braglia, che pure si concluse con una salvezza anticipata di tre giornate e il sogno playoff, i tifosi rossoblù poterono tirare un sospiro di sollievo soltanto dopo le tre vittorie consecutive fra Cremonese (ironico), Perugia e Carpi. Nessuno ha mai chiesto al patron rossoblù il passo più lungo della gamba, ma di solito la storia insegna. Historia magistra vitae, la storia è maestra di vita, sentenziava Cicerone nel suo De Oratore. Non sappiamo se il proprietario di Ecologia Oggi abbia fatto studi classici, ma per capire che dagli errori bisogna imparare non c’è bisogno di aver letto Erodoto. Certo, forse un ripasso delle guerre persiane potrebbe aiutare, ma non è questo il punto. Il punto sono i numeri. Che non mentono mai.
Il Cosenza Calcio come frullatore di allenatori e dirigenti
In sette anni di Serie B, il Cosenza ha cambiato l’allenatore per undici volte. Il direttore sportivo, invece, per quattro. Addirittura Roberto Goretti venne firmato per appena un anno e solo dopo il rifiuto del compianto Christian Argurio. Stefano Trinchera, così come Roberto Gemmi, lasciato lavorare a scadenza. E meno si parla dei due direttori generali, Petrone (caduto nel dimenticatoio, ma c’è stato anche lui) e Ursino, meglio è. Il Cosenza Calcio di Eugenio Guarascio ripete ogni anno le stesse dinamiche. Si parla di progetti a lungo termine che poi non si avverano mai perché l’allenatore viene esonerato e, spesso, il direttore sportivo esautorato prima ancora della scadenza naturale del suo contratto. Adesso si entra nella settimana decisiva della stagione rossoblù, quella che deciderà il futuro dei Lupi in Serie B. Se Alvini resterà, come sembra, in panchina anche contro il Cittadella, solo le prossime ventiquattr’ore ce lo diranno. Perché un altro refrain sono gli esoneri teatrali, come quello di Fabio Caserta, arrivato a tre giorni dal match contro la Ternana. Non resta che aspettare e vedere. Con la sensazione di entrare in sala a vedere un film già visto. Più precisamente, “Il giorno della marmotta”.