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La lettera del Presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri di Cosenza di replica all’articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 02/02/2024 in merito alla vicenda dei Medici cubani
di Eugenio Corcioni*
Gentile Direttore,
La situazione scandalosa della sanità calabrese è sotto gli occhi dei cittadini della regione, dei media e di tutta l’opinione pubblica nazionale, per la cronica inadeguatezza delle strutture, la drammatica carenza di organico, le gravissime disfunzioni gestionali e amministrative, e non c’è bisogno di ulteriori commenti.
Io sono intervenuto sulla questione dei medici cubani chiamati dallo scorso anno, in emergenza, a lavorare negli ospedali calabresi unicamente nella mia veste di Presidente di un ordine dei medici provinciali della Calabria, Ente Pubblico ausiliario dello Stato per la tutela del corretto svolgimento della professione medica, nell’interesse del cittadino e dell’operatore sanitario, e per la salvaguardia di quel diritto alla salute costituzionalmente garantito, senza alcun intento polemico verso chicchessia.
Il nodo irrisolto che ho evidenziato consiste nella mancanza di un effettivo, e non formale, controllo sulla qualità e sufficienza della formazione tecnico-scientifica assicurata ai medici cubani per conseguire la laurea, in correlazione al contesto calabrese-italiano nel quale vengono chiamati ad operare e che presuppone conoscenze e capacità nell’uso delle moderne tecnologie in uso nel nostro Servizio Sanitario e richiede elevati standard operativi e dimestichezza con le regole e i diritti propri di una democrazia avanzata, qual è l’Italia. Tutto ciò, a mio modesto avviso, merita di essere approfonditamente e non superficialmente dimostrato prima di entrare in una stanza di ospedale o in una sala operatoria. Nel caso dei medici cubani chiamati ad operare negli ospedali calabresi questo tipo di verifica è mancato e manca.
Ciò detto, sono convinto che questi colleghi cubani sono motivati dalla buona volontà e che si stanno rendendo utili (e –permettetemi di dirlo con dispiacere- ci vuol poco nelle condizioni dei nostri pronto soccorso e nosocomi), dando una mano nella situazione in cui si trova la sanità calabrese, sebbene limitati anche dalla sommaria conoscenza della nostra lingua. Quindi: nulla contro questi colleghi e nulla contro i loro titoli di studio. Infatti, al contrario di quanto scritto e virgolettato nell’articolo pubblicato dal Suo giornale, secondo il quale avrei sostenuto che “nessuno di loro ha la laurea”, io sostengo che il semplice possesso di una laurea cubana in medicina può non essere sufficiente a lavorare in Italia, senza una verifica appropriata.
Tant’è che ad altri medici cubani, intenzionati a lavorare in varie regioni d’Italia e per ciò che hanno chiesto o stanno chiedendo, per come previsto dalle vigenti disposizioni normative, italiane ed europee, il riconoscimento dei loro titoli di studio stranieri, il riconoscimento del titolo nelle università del nostro paese, vengono richiesti, a differenza di quanto è accaduto e continua ad accadere in Calabria una serie di requisiti aggiuntivi rispetto a quelli del loro percorso di formazione in patria, come il superamento di diversi, ulteriori esami oltre a quelli già sostenuti a Cuba, nonché centinaia di ore di tirocinio e, ovviamente, la conoscenza fluente della lingua, che è cosa ben diversa da qualche ora di lezione e seminari, trattandosi di professionisti che vengono inseriti negli organici ospedalieri non come dei generici collaboratori, bensì come responsabili di percorsi diagnostici e curativi che, con le loro azioni, decidono sulla nostre salute e, all’estremo, sulla vita o morte del paziente.
Nulla contro il Presidente della Regione e i suoi collaboratori, ai quali anzi riconosco il tentativo di smuovere le acque (a mio parere, tuttavia, in maniera del tutto insufficiente per affrontare proficuamente il problema della carenza di personale medico, da risolvere in ben altri modi), che invece si scagliano in maniera virulenta contro di me da oltre un anno, lanciando anatemi, soltanto perché ho rispettosamente sollevato dubbi e critiche rispetto a scelte che, ripeto, quale Presidente di Ordine Professionale, Professionista e cittadino Italiano, non condivido, ritenendole non in linea con il percorso di adeguata formazione previsto dalla Repubblica italiana e dalla EU, a tutela dei loro cittadini, per i medici Italiani e per tutti gli altri medici europei ed extraeuropei che vogliano vedersi riconosciuti i loro titoli per operare in Italia.
Attacchi violenti alla mia persona, dai toni, talvolta, arroganti e calunniosi, figli di questa triste politica contemporanea, che individua nemici inesistenti per aggirare i problemi anziché affrontarli, inventando contrapposizioni laddove, al contrario, ci sarebbe assoluta necessità di lavorare insieme, ascoltandosi e collaborando. (Presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri di Cosenza)